Tanti anni fa’ lavoravo per una nota compagnia di assicurazione, ero la sub-agente per Porto Torres. Guadagnavo veramente poco, ma quel poco mi serviva per pagarmi le tasse universitarie e non gravare sul bilancio familiare, che in cinque col solo reddito di Bruno non è che ci fosse da scialare. Tra i miei clienti avevo quasi tutti gli zingari residenti al campo rom e anche qualcuno di quelli che vi transitavano.
Pagavano sempre con centinaia di biglietti da mille, non certo profumati (chi ha detto che “pecunia non olet”? Olet, olet!) ed essi stessi, a dire il vero, non è che profumassero di lavanda. Un giorno venne in ufficio, accompagnato da tre anziani rom, già miei clienti, un giovane alto, scuro di carnagione, con i capelli castani dai riflessi rossicci, pulito, con al collo una catena d’oro grossa un dito dalla quale pendeva un crocifisso di circa dieci centimetri. Mi chiese un preventivo per una macchina di grossa cilindrata, un Mercedes nuovo di zecca, con motore da tremila cc, se non ricordo male. Il costo era di oltre cinquecentomila lire e glielo mostrai timidamente. Lo lesse, sorrise e : “Tu fai”. Gli domandai: “Ma perché venite tutti da me”? “Perché tu gentile. Tu fai assicurazione a noi. Altri non fare neppure entrare”… E vabbè, ..io fo’… Preparata la polizza e debitamente firmata in tutte le sue parti, si infilò la mano in tasca e tolse un malloppo di banconote, non da mille, ma da centomila, da cinquantamila e da diecimila lire. Dopo aver pagato e ritirato la polizza, allungò la mano per salutarmi e “Tu venire al bar che io ti offrire caffè”! “Grazie, ma non posso, ho da lavorare, grazie ancora”… Allora si infila la mano in tasca, tira fuori due banconote da mille lire e le poggia sulla scrivania: “Questo è per caffè, ciao, tu essere tanto gentile”, saluta ed esce col suo seguito di “amici”. Ho saputo, dopo qualche giorno, che era uno dei capi rom.
Sempre dopo qualche giorno, quasi all’ora di chiusura, venne in ufficio un “compagno”, aveva fretta perché doveva imbarcare sulla motonave per Genova un grosso camion, che non poteva imbarcare perché privo di assicurazione. Mi chiese quanto costasse una polizza temporanea e glielo calcolai: “Trecentosettantadue mila lire”. ”Fammela, in fretta”, mi disse, e mi mise il libretto sulla scrivania, dicendo che andava a prendere il contante. Tornò dopo poco. La polizza era pronta, ma non aveva i soldi. Mi disse che aveva un grosso assegno che non era riuscito a cambiare, ma che mi avrebbe pagato non appena fosse rientrato, che quel camion era destinato alla vendita in “continente”. Mi fidai e…non solo non ho guadagnato le provvigioni, ma ci ho dovuto rimettere persino l’importo della polizza che, fidandomi, avevo “messo in copertura” e versato le trecentosettantadue mila lire all’agenzia (più delle provvigioni di un mese).
E questo non era uno zingaro!
Aveva ragione Bruno “la tessera del partito non è una patente d’onestà”…
Nata quasi a metà del secolo scorso, ha dato un notevole impulso, giovanissima, all'incremento demografico, sfornando tre figli in due anni e mezzo. La maturità la raggiunge a trentasei anni (maturità scientifica, col massimo dei voti) e la laurea...dopo i sessanta e pure con la lode. Nonna duepuntozero di quattro nipotini che adora, ricambiata, coi quali non disdegna di giocare a...pallone, la sua grande passione, insieme al mare.
Da Mattarella a Zelensky passando per Sanremo.
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