Zahra Aga Khan ha rilasciato nei giorni scorsi un’intervista a Nicola Pinna de La Stampa, nella quale ha parlato delle sue preoccupazioni per l’ambiente della Sardegna e ha proposto l’istituzione di un non meglio precisato parco per proteggere il mare dell’Isola. Con tutto il rispetto per le sue opinioni e pur conoscendo il suo amore per la Sardegna, l’impressione è che alla primogenita di Karim manchino alcuni passaggi della recente storia del turismo in Costa Smeralda, anche riguardo alla fondamentale ma contraddittoria funzione del padre nello sviluppo del comparto. Zahra e i suoi fratelli Rajim e Hussein conoscono bene la Sardegna: ci hanno trascorso le loro estati, sin da piccoli, girandola in lungo e in largo, stringendo amicizie e vivendo i loro primi flirt giovanili. Gli uomini della scorta del Consorzio Costa Smeralda registravano, alla fine di ogni estate, le lacrime della principessa-bambina, quando la permanenza a Porto Cervo finiva e la famiglia Aga Khan lasciava l’Isola. Al primo giorno delle sue vacanze, un’estate di fine anni Novanta, il fratello minore Hussein notò la mancanza nella scorta privata di Quirico, una delle guardie che da sempre lo seguiva come un’ombra. Chiese chiarimenti. Quando gli spiegarono che Quirico aveva chiesto di essere dispensato dal servizio, andò ad Arzachena a trovarlo e volle passare un intero pomeriggio con lui. Per Hussein era un amico, più che un bodyguard incaricato di vigilare sulla sua sicurezza. Sono piccole tracce sentimentali forse storicamente irrilevanti, ma servono a chiarire che questa famiglia ama realmente la Sardegna. In tempi recentissimi, Zahra ha disposto un generoso contributo alla Mostra dell’Artigianato di Samugheo allestita dall’architetto Roberto Virdis, in corso in questi giorni. Gli artigiani di Samugheo contribuirono grandemente all’arredamento degli alberghi – il Pitrizza, in particolare – costruiti all’inizio dell’impresa Costa Smeralda.
Detto tutto questo e pur considerando legittime e condivisibili le preoccupazioni della principessa per il mare sardo, va ricordato che lo sviluppo turistico comporta sempre una inevitabile componente di degrado ambientale e inquinamento, benché la Costa Smeralda rappresenti in questo senso un modello di integrazione molto invidiato. Va anche ricordato, di conseguenza, che Zahra è figlia di Karim, artefice della più grande impresa turistica mai realizzata in Sardegna. Andiamo a ritroso di vent’anni. Perché l’Aga Khan si disimpegnò dalla guida del comprensorio Costa Smeralda, rilevato nel 1998 dalla Sheraton e poi passato di mano in mano, sino all’attuale guida qatariota? Se fate un giro ad Arzachena, tutti vi diranno essersi trattato di un addio polemico, poiché al principe Karim non venne mai concesso di realizzare la seconda fase di espansione immobiliare della Costa Smeralda, quella che si sarebbe dovuta sviluppare sui terreni ancora vergini di proprietà del Consorzio. Il famoso Master Plan, per intenderci, che nelle cronache di fine anni Settanta trovate magnificato come piano da mille miliardi di lire di investimenti: nuovi alberghi, nuove ville, nuovi porti turistici, per circa sei milioni di metri cubi di cemento. Fu una trattativa lunga, quasi ventennale, alla fine della quale il Master Plan uscì piuttosto ridimensionato in termini di cubature e impatto, senza che si riuscisse tuttavia a trovare un’intesa definitiva tra privato ed enti pubblici. Non se ne fece nulla e, forse, quella fu la salvezza di questo comprensorio, che ha conservato l’iniziale equilibrio tra ambiente e insediamenti edilizi. Perché quel master plan non nacque mai? Perché anche quando la Regione cercò di scavalcare il Comune di Arzachena, imponendo nel 1983 l’approvazione del progetto con un colpo di mano, gli amministratori locali reagirono compatti con un ricorso al Tar, avendo compreso che era in gioco il futuro di quella scommessa turistica: troppo cemento l’avrebbe compromessa, sovraccaricando un territorio dalle dimensioni limitate. Il pool di architetti voluto dall’Aga Khan per pianificare la nascita della Costa Smeralda, agli inizi degli anni Sessanta, aveva garantito un certo equilibrio, nella creazione degli insediamenti in un contesto ambientale così pregiato. Ma non c’era certezza che questa misura si sarebbe ripetuta, col Master Plan. Stava nascendo una coscienza ambientale e, in definitiva, era obbligatorio usare prudenza, anche a costo di opporsi ad un imprenditore tanto autorevole e amato. In quei vent’anni, però, anche per effetto del pressing mediatico dell’Aga Khan e della sua cerchia, si fece strada tra la gente l’idea che i cantieri edili fossero l’unica strada per lo sviluppo turistico, una stortura che ancora oggi condiziona fortemente le sorti di questa parte di Sardegna. Non sono vecchio, ma lo sono abbastanza per ricordare che i più esponenti influenti della Democrazia Cristiana locale erano molto scettici verso quel progetto. E va considerato che quel partito erano, di fatto, due partiti, che tra loro dialogavano con difficoltà: la corrente morotea che faceva riferimento a Pietrino Soddu e quella basista che si riconosceva in Nino Giagu. Queste due fazioni sempre divise su tutto furono invece unite nel dire no, quando si trattò di decidere del futuro del territorio e di ipotecarlo al cemento. Quindi, cara e amata principessa Zhara Aga Khan: le sue preoccupazioni sul mare della Sardegna sono sacrosante, ma ben maggiori sarebbero state se quel piano di seconde case sulla spiaggia preteso da suo padre fosse stato licenziato. A suo padre dobbiamo grande riconoscenza, il che non ha significato assecondarne acriticamente ogni desiderio. E se oggi permettiamo che i trattori entrino nelle nostre delicate spiagge, nella convinzione che con i mezzi pesanti le si possa pulire, forse è perché l’aspetto della tutela ambientale è sempre stata visto come secondario, rispetto alla sua mercificazione in chiave turistica. Tanti anni di Master Plan hanno prodotto anche questa maleducazione. Forse quell’insistere su un certo tipo di cemento spiega perché, oggi, dire “parco” in Gallura equivale a pronunciare una bestemmia. A meno che non lo dica lei, figlia del principe cui tutti vogliono bene: sfrutti questa sua popolarità per spiegare che l’ambiente è la prima risorsa che abbiamo. Faccia magari anche lo sforzo di rinnegare certi Master Plan, che stavano per rovinare tutto quel che di buono il turismo della Costa Smeralda ha prodotto in mezzo secolo.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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