Ormai vecchi, un direttore d’orchestra e un regista si lasciano trascinare dalla lieve corrente di una tranquilla vacanza estiva, in un esclusivo centro benessere tra le Alpi Svizzere. Le giornate sono sempre uguali, luminosi i paesaggi attraversati nelle passeggiate tra i monti e tra le cime macchiate da nevi tenaci, attenuati i rumori in quel mondo sospeso, varia e ricca l’umanità che accompagna i due artisti in disarmo nel loro agiato soggiorno. Un giovane attore hollywoodiano in crisi d’identità, una Miss Universo, un ex calciatore sudamericano in imbarazzante sovrappeso che sulla flaccida schiena si è fatto tatuare il volto barbuto di Marx, una prostituta adolescente chiamata ad intrattenere gli anziani clienti, un coriaceo emissario della Corona inglese che tormenta il direttore d’orchestra affinché si esibisca per un’ultima volta davanti alla Regina, una massaggiatrice capace di leggere i corpi col tatto.
Le premesse e l’ambientazione possono ingannare. Eppure io credo che Youth di Paolo Sorrentino sia un film ottimista, maturo e molto (poi spiegherò il perché) antirenziano. È un film intitolato alla Giovinezza ma si parla di vecchi, di talenti eclissati dall’anagrafe e dalla stanchezza, eppure con codici magnificamente poetici ci convince che La Giovinezza sta proprio nella mente libera, fresca come l’aria di montagna, di chi ha vissuto abbastanza e abbastanza intensamente per abbattere ogni pregiudizio e saper ammettere le proprie miserie, senza dividere il proprio passato tra scelte giuste e sbagliate. Ma, infine, capendo che sono pochi e semplici i valori che contano e conta solo essere se stessi.
Quando ero un giovanissimo studente, ad una lezione di linguistica il professor Nardo Sole ci spiegò che lo scopo della vita è nel ripulirci, giorno dopo giorno, delle impurità congenite. Credo Sole avesse ragione, credo che Youth sia una rappresentazione di questa idea. Un film che non ha trama, come quelli di Sorrentino, la cui natura è in una contemplazione non nostalgica ma edificante del tempo, come rivela la scena girata dentro il negozio di orologi a cucù. Si viaggia per viaggiare, non per raggiungere una meta. L’ex calciatore – un chiaro omaggio a Maradona del regista napoletano – palleggia ancora magicamente con una palla da tennis, ma pensa al futuro. L’attore studia gli ospiti dell’hotel e cerca di interpretare il grande dittatore per dimostrare davvero di meritare i titoli di attore. Miss Universo è bella come una statua, ma sa rispondere a tono e non è disposta a rinunciare alla dignità.
Dicevo che è un film antirenziano. Non credo che Sorrentino abbia pensato al capo del governo, nel girarlo, ma questo elogio della senilità e delle due enormi prospettive credo sia una lezione al giovanilismo imperante, a chi rimpicciolisce il valore dell’esperienza e del vissuto. Michael Caine e Harvey Keitel, il musicista e il regista, sono stati grandi, come Jane Fonda nei panni della degradata attrice in lotta col tempo. Prima di uscire bruscamente di scena, il regista ammette che “le emozioni sono l’unica vera cosa che conta”. Youth è un film che non dimenticherete.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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