Si legge nel sito ufficiale della Fidal, la federazione italiana di atletica leggera: “Due dei neo campioni d’Europa under 23 sono, infatti, ragazzi di origine etiope che hanno trovato una nuova casa in Italia: Yeman Crippa in Trentino e Yohanes Chiappinelli a Siena. L’oro dei 400hs Ayomide Folorunso è nata in Nigeria, ma la sua famiglia ha poi messo radici a Fidenza dal 2004. Ahmed Abdelwahed, argento nei 3000 siepi, ha i genitori egiziani, ma lui è nato e cresciuto a Roma e per l’atletica si è appena trasferito a Camerino (MC). Erika Furlani, bronzo nell’alto, è figlia dell’ex altista Marcello Furlani e della velocista senegalese Khaty Seck. Un siciliano (il lunghista Filippo Randazzo), un reatino (il pesista Sebastiano Bianchetti) e un lombardo (l’altista Christian Falocchi) completano il quadro degli azzurri sul podio a Bydgoszcz.” Dopo anni, decenni di crisi nell’atletica, la “regina degli sport”, per l’Italia, pare vi siano segnali di ripresa. L’Italia esce dai campionati europei under 23 di Bydgoszcz con un bottino ragguardevole, al terzo posto nel medagliere dopo Germania e Regno Unito. É un sintomo di civiltà sportiva e, secondo me, di una più generale civiltà sociale. E’ il segno paradossale di una Italia più civile, dunque, e multietnica. In un periodo in cui l’odio e la paura nei confronti dello straniero “povero” hanno raggiunto livelli di vera e propria psicosi, l’Italia sportiva mostra il suo volto più variegato e colorato. Sotto un certo punto di vista, l’Italia si avvia a colmare quello svantaggio dovuto alla presenza, nelle potenze sportive concorrenti, Francia e Regno Unito, di atleti provenienti dalle loro ex colonie. Ci abitueremo anche noi, dunque, ad avere un Pietro Mennea o una Sara Simeoni multietnici. Tra gli ori vinti, spicca in particolare quello di Yeman Crippa, già ribattezzato il nuovo Alberto Cova, in particolare per l’incredibile sprint finale che lo ha visto rimontare 5 posizioni in questa ultima rassegna nei 5000 metri. La somiglianza tecnica con il grande mezzofondista degli anni ’80 è risaltata subito agli occhi. Ma è la biografia di questo ragazzo di origine etiope che è significativa, raccontata nel documentario di Matteo Valsecchi “Yema e Neka”. Il giovane viene adottato, all’età di 7 anni insieme al fratello Neka, anche lui atleta della nazionale italiana, e insieme ai suoi 5 fratelli e 2 cugini, presi da un orfanotrofio di Addis Abeba da una famiglia di Milano che poi ha deciso di trasferirsi nelle montagne del trentino. E’ una storia di sofferenze in un paese, l’Etiopia, un tempo ricco e poi saccheggiato dalle potenze coloniali europee fino a ridurlo alla povertà; è una storia di integrazione, amore per la nuova famiglia e per il nuovo paese, ma anche di tempi duri per chi ha le sembianze di povera gente che sbarca disperata dai barconi. E’ una storia di sport, di vita, e di riscatto. Si dice solitamente che gli atleti africani corrono per fame, racconta Yeman, “ma io, anche se non ho più fame, ho ugualmente tanta voglia di vincere”. Sono lontani ricordi, quelli del bambino etiope. Lunghe passeggiate dietro al bestiame, la ricerca dell’acqua, la guerra civile, la morte dei genitori, l’orfanotrofio. Poi la nuova vita nei boschi del trentino, e lo sport. Prima il calcio, ma era troppo evidente quella facilità di corsa che rendeva l’agile atleta un calciatore atipico, per cui il passaggio all’atletica fu una conseguenza quasi logica a e naturale di un grande talento. Yeman Crippa ha vinto per due anni consecutivi il titolo europeo giovanile (juniores) di corsa campestre, insieme ad una miriade di altri titoli nazionali, anche a livello assoluto. E’ considerata forse la più grande promessa dell’atletica italiana. Una promessa che, secondo me, va oltre il mero significato sportivo.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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