Nelle grandi pestilenze del Seicento c’era una Chiesa che pur nel pieno di una Controriforma fatta di caccia alle streghe e agli eretici, tra i quali faceva poca differenza, si prestò ai soccorsi e fu molto più efficiente, pietosa e martire (con i tanti sacerdoti morti per contagio) dei poteri civili, divisi e lontani. Ma c’erano anche dei preti che più che al soccorso pensavano alla contumelia, all’esaltazione della punizione divina per i “nostri” peccati, dove quelle virgolette riproducono il tono dei predicatori che volevano intendere che quei peccati erano più degli altri che loro. Nel colera sassarese del 1855, per discendere a fatti più vicini a noi, la Chiesa svolse un ruolo eroico. Numerosi sacerdoti morirono nel soccorso materiale e spirituale, la curia fu presente nell’organizzazione dell’emergenza sin dai primi momenti, quando ancora le amministrazioni secolari, specie quella municipale, erano divise tra stupore e paura per i morti di cui già si riempivano le strade. Ma insieme a questi preti eroici ce n’erano altri, pochi, che spaventavano il popolo già terrorizzato con il solito ritornello della punizione divina. Esiste il fondato sospetto che alcuni di loro dicessero in giro che il contagio era conseguenza anche dell’oltraggio commesso con la demolizione della chiesa di Santa Caterina, opera infatti che durante il colera venne interrotta e conclusa soltanto l’anno successivo.In questa epidemia contemporanea il ruolo della Chiesa è in grande misura positivo. Esercita per chi crede una funzione di consolazione e di speranza, mentre agli occhi dell’iperlaico e di chi effettivamente non crede, come il sottoscritto, lo fa in una maniera dignitosa e intelligente: senza cupi fumi, senza salmodianti processioni (aiutata in questo anche dai divieti di assembramento) e senza parole di condanna biblica. Non ho notizie di una chiesa diversa, come nei due casi precedenti. Salvo questa questione di alcuni credenti che, per aggirare i divieti, si riunirebbero nascostamente per bere vino dallo stesso calice, asserendo che essendo quel vino il sangue di Cristo non potrebbe veicolare il contagio. Non per fare il bizantino, ma ne discende che pur ammettendo essere il vino innocuo, potrebbe non esserlo il calice, a meno che la dottrina non preveda trasformazioni consustanziali anche del contenente, oltre che del contenuto, ma non sono informato in merito.Però, a parte questi raduni catacombali dei cristiani più estremisti, che potrebbero essere facilmente stroncati con una bella passata di Colosseo e di leoni, che cosa ci vuole?, direi che i religiosi professionisti se la stanno cavando alla grande, mentre ho dei dubbi sui dilettanti. Vedi gli attacchi di Facci al papa, sempre più pretestuosi e puerili, o la recita live su Canale 5 dell’Eterno riposo fatta da Salvini e dalla D’Urso, visione direi più raccapricciante dei carri colmi di cadaveri di appestati guidati dai monatti irridenti la morte.Cose minoritarie, però, che, detto da un vecchio ateo da osteria con tanto di fazzoletto rosso al collo, non tolgono un et al ruolo di una Chiesa che, sempre per il mio ostinato mangiapretismo, mi sta persino preoccupando per quanto si sta comportando bene e mi chiedo se non si stia rafforzando un po’ troppo nell’opinione della gente perbene. Insomma, tanto di cappello ai preti che fanno il loro mestiere. In quanto ai neobigotti che si mettono in mezzo ai discorsi dei grandi, c’è solo da augurarsi che l’epidemia serva a snebbiare la coscienza di chi li deve giudicare.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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