Si dice sempre che per comprendere uno scrittore occorre andarsi a leggere attentamente la sua prima opera. E’ un po’ vero. Magari lo scrittore diventerà famoso con il suo terzo o quarto o ultimo romanzo, ma la sua stele di Rosetta è l’opera prima. Prendete Marguerite Yorcenair, la scrittrice e poetessa francese, nata nel 1903 (oggi ricorre l’anniversario della sua morte, avvenuta il 17 dicembre 1987). A 26 anni pubblica il suo primo libro “Alexis” che pochi conoscono rispetto al suo famosissimo “Memorie di Adriano”. Eppure, se camminate tra le pagine di quella prima opera, comprenderete la bravura, la profondità, l’attenzione e la purezza che la scrittrice pone per una storia difficilissima da raccontare oggi, figuriamoci nel 1929.Alexis parla, infatti, di omosessualità ed è un lunghissimo coming out (come si direbbe oggi) di un musicista che scrive una lunga lettera a sua moglie dichiarando la sua allora “diversità”.Lo suggerisco perché vi sono parti molto interessanti e concetti davvero bellissimi come il passaggio in cui Alexis chiede alla donna non di essere perdonato, quanto di essere compreso. Ho riflettuto molto su questo passaggio e l’ho unito a quello di Pier Paolo Pasolini (poeta ed omosessuale) quando afferma che la passione non genera mai il perdono. Ho riflettuto sulla potenza delle parole e sui concetti semplici, altissimi e sulla nostra poca voglia di soffermarci davanti a queste considerazioni. E’ vero – ed è vero per tutti, ovviamente – che a volte le passioni non sono bene accette, non sono giustificate e quindi nel pensiero cattolico dominante non sono “perdonate”. Eppure quanto sarebbe bello sedersi e provare ad ascoltare gli altri senza nessuna smania, senza nessun doppio fine, senza dover a tutti i costi restituire qualcosa. Come sarebbe bello tra le urla e gli inutili rumori di fondo provare ad ascoltare e tentare di comprendere le ragioni degli altri.Per natale fatevi un piccolo regalo e leggete questa bellissima e struggente lettera. E’ un libro che dovrebbe stare sul comodino di ognuno di noi. Serve alla mente, al cuore e ad allargare gli orizzonti. Di questo, oggi, si sente il bisogno.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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