Voglio andare a Saronno. Voglio fare il turista davanti all’ospedale del brivido. Era la mia città incantata e non lo sapevo. A due passi, accidenti. E io che dicevo: “Ma morirò senza avere vissuto per qualche giorno a New York?”. Oppure: “Come vorrei tornare a Lisbona!”. E anche: “La Russia? Ma quale San Pietroburgo, se dovessi scegliere vorrei volare a Mosca e percorrere i luoghi del Maestro e Margherita portando il libro con me”. Tutte stronzate. E’ Saronno il vero luogo dei miei sogni. E’ vero che già prima mi incuriosiva la patria di uno dei miei liquori preferiti e negli ultimi anni mi aveva tolto il sonno l’audace annessione della preposizione al nome proprio del prodotto, il quale comunque nulla ha a che vedere con i fatti luttuosi dell’ospedale e io lo cito soltanto per fare spirito di patata. Ma di per sè, nonostante l’indubbia attrattiva, non era sufficiente a provocare un viaggio con relativo soggiorno. Ora questa faccenda dell’anestesista e della fidanzata infermiera accusati di averne fatto più di Carlo in Francia a colpi di miscele mortali di farmaci, mi mette Saronno in cima alla lista dei luoghi da visitare. Voglio vedere questo nuovo esempio della supremazia europea della sanità lombarda. E soprattutto vorrei constatare il carattere fiero e della sua popolazione, così come emerge dalle interviste fatte per la strada alla “gente del luogo”, forse intorno al nosocomio dove si sarebbero svolte le allegre storie. Gente misurata, soprattutto, altro che quelli che si abbandonano a parole sconsiderate e insulti e poi magari assolvono tutti e ti trovi con una querela. Alla domanda su che cosa pensasse di queste accuse su omicidi in corsia e dintorni, mariti accoppati da mogli a dosi di farmaci, su intercettazioni dove madri parlerebbero con i figli minori dei modi migliori di fare fuori il prossimo e stesse madri che si offrirebbero con l’amante medico di ammazzare i figli in questione, un’intervistata risponde: “Beh, certamente è spiacevole”. E un’altra cittadina dallo spiccato senso di appartenenza, evidentemente irritata per il discredito che strumentalmente si butta sull’ospedale della città e sulla città stessa, risponde infastidita: “Sono cose che succedono dappertutto”. Dappertutto. Strano, qui a Sassari non me ne ero mai accorto. Ho sempre vissuto a Sassari, ho lavorato per una quarantina d’anni alla Nuova Sardegna, per la grande parte dei quali facendo il cronista, eppure non avevo mai sentito niente del genere. Ma se l’ha detto quella signora deve essere vero che succede dappertutto. Sono seriamente preoccupato per questa ondata di assassinii celata per anni nella sanità che io conosco e talvolta frequento. Ho anche chiesto a colleghi di Olbia, di Cagliari, di Nuoro. Ma sapete di stragi di malati? Di angeli della morte che dispiegano le ali e altre faccende così? Macché, rispondono anche loro stupiti: negli anni, molte voci su assunzioni clientelari, bilanci un po’ così, file al pronto soccorso, però, soprattutto i medici e gli infermieri, tutta gente disposta a mettere in gioco la propria vita prima di toglierla volontariamente ai malati. Comunque ci informiamo meglio, hanno promesso i colleghi. E in attesa di queste informazioni, io voglio andare a Saronno.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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