Fa quasi tenerezza la scelta del consiglio nazionale di Sardigna Natzione Indipendentzia che invita gli elettori sardi di astenersi alle prossime elezioni in quanto “i candidati di 17 partiti hanno tutti simboli e dirigenze appartenenti al sistema politico esogeno italiano. Le candidature sono state espresse e imposte dallo stesso sistema, peraltro in uninominale o in liste bloccate previ giuramenti di fedeltà e obbedienza ai rispettivi partiti”. Fa tenerezza perché l’unica risposta a questa interessante e non banale considerazione è “il non voto” con la certezza di poter diramare un comunicato il giorno successivo nel quale si dichiara trionfalmente di aver convinto una percentuale altissima di sardi a non votare. Non è cosi e gli esponenti di Sardigna Natzione lo sanno benissimo, anche perché il movimento si trova – come loro stessi dichiarano nel comunicato – in una condizione di “seria sofferenza organizzativa” e, dunque “non è stato in grado di formare una casa comune dei sardi come nel 2018 e nelle precedenti elezioni politiche e non è riuscito a dare nella scheda elettorale un luogo dove esprimere il rifiuto della dipendenza”. Ora, se non ricordo male, nel 2018 pur essendovi questo luogo di rifiuto i sardi non hanno messo troppe croci di consenso e nessun indipendentista è stato eletto. Ma questo è certamente un discorso sbagliato: le lotte per gli ideali sono giuste e lecite e necessitano di una lunga attraversata nel deserto. Però se nel famoso deserto ci si trova in dieci e anziché provare a proseguire per un’unica strada, dopo aver discusso animatamente davanti all’unico pozzo d’acqua, ci si ostina a frammentarsi e scegliere cinque strade diverse e poi, ancora, si tenta di raggiungere la famosa meta in perfetta solitudine e d’accordo almeno con se stessi non è una grandissima idea. La casa comune non c’è e mai ci sarà, è una chimera come “sa limba comuna”, un aborto costruito a tavolino. Suggerire ai sardi di non andare a votare perché i partiti italiani non pensano alla nostra isola non è la soluzione anche perché le persone saranno elette comunque. Leggevo oggi l’intervento di un lettore su Repubblica il quale scriveva a Francesco Merlo il suo illuminante pensiero: “Con questa sciagurata legge elettorale voterò il partito che più mi rappresenta anche se i candidati scelti dal partito che più mi rappresenta non mi rappresentano per niente”.Il giornalista ha solo aggiunto “Mirabile sintesi”. E lo è. Probabilmente quest’anno è un voto di resilienza, ma non votare significa perdere. A prescindere.
Giampaolo Cassitta.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design