Ho sentito spesso, in questi brutti ultimi giorni di gole aperte in mondovisione, di armamenti che partono da casa mia per aiutare l’ennesima fazione di menopeggio, di elenchi di bambini morti e di migranti annegati, che la colpa, in fondo, è degli Stati Uniti. Io credo sia vero. Ma in senso lato. Non è vero se per Stati Uniti si intende Obama (ai tempi di Allende e Pinochet succedevano cose simili e Obama non c’era) o la grande finanza o qualche fumosa lobby plutocratica o anche tutto ciò che si estende dal Messico al Canada. È vero se per Stati Uniti si intende l’intera civiltà occidentale e i suoi consumi, di cui gli USA sono da sempre, in qualche modo, la punta avanzata. Ecco, in quel senso è vero, è colpa degli Stati Uniti sia Gaza, sia l’impoverimento dell’Africa, sia l’ascesa di IS. Ma noi ci siamo dentro fino al collo. Proprio noi. Noi che possiamo avere caldo d’inverno e freddo d’estate. Noi che possiamo spostarci in aereo ovunque e non restiamo mai al buio e senz’acqua potabile (Abbanoa non fa testo). Noi che abbiamo i sindacati e la democrazia, televisioni e giornali da non capirci più nulla. Noi che moriamo di diritti, allergie e colesterolo alto. Che spendiamo quasi gli stessi soldi in fitness e psicoanalisi di quelli che spendiamo in bistecche. E che bistecche! Bistecche che per essere prodotte richiedono molta più acqua e cereali di qualsiasi bambino africano, e anche di qualsiasi adulto africano. Noi, ancora, che abbiamo eserciti che non ci entrano nelle case, ma che ci volano sulle teste per andare a bombardare altre case. Fuori dai confini. Magari ci rovinano le spiagge e localmente ci rendono estranei a casa nostra, ammazzando qua e là economie regionali in cambio di pace e sicurezza per tutti. Noi che vediamo la faccia dura di un giornalista coraggioso, uno di noi, prima che un altro (guarda caso, forse, anche lui uno di noi, cresciuto a bistecche) sta per aprirgli la gola davanti alle telecamere, per giocare poi a mostrare la sua testa come si fa con un porcino da record. Invece è una testa umana, e i pensieri cui faceva da culla non ci sono più. Noi. Siamo sempre noi. Quelli che se ci fanno le foto dal satellite di notte, siamo quelli illuminati. Ci avete fatto caso sicuramente. L’Europa, il Nord America e alcune parti dell’Asia e dell’Oceania, accese come lastre d’oro sotto il sole. L’Africa, invece, buia come l’Oceano, che per distinguerla dall’Oceano ci vuole quel filo dorato lungo le sue coste. Per il resto, l’Africa di notte non fa luce. Ecco, per tutto quello che ho detto, e in molti altri sensi ancora, gli Stati Uniti siamo noi. E io mi sento colpevole per questo. Perché ora sto scrivendo da una casa sicura, col mio piccolo computer portatile, comodissimo e privatissimo. E domani andrò al lavoro e tra tre giorni arriva lo stipendio e potrò pagare la luce, l’acqua (si, ad Abbanoa) le tasse e le scarpe ai miei figli. E magari la sera, dopo una giornata stressante e velocissima, mi siederò al computer e leggerò la cazzate di quello stronzo di Salvini e di quelle merde che gli mettono “mi piace” e vorrebbero vedere tutti i neri in fondo al mare. E non potrò farci niente perché la democrazia è fatta così, consente a tutti di dire quello che vogliono, e prima di punire qualcuno per le sue cazzate ci vogliono secoli. L’importante è che sia io che loro possiamo comprarci una bistecca, se vogliamo. Io ad esempio più che le bistecche compro il Danacol, perché ho il colesterolo alto. E quindi siamo Americani, cari miei. Perché stiamo bene più della maggior parte dei figli di questo pianeta, animali e piante a parte. E perché questo star bene è quello che in fondo ci muove, anche i più puri e i più onesti. Certo, la differenza tra me e quello stronzo di Salvini è che se io potessi decidere direi: Signori, impoveriamoci un po’ e dividiamo meglio. Qualche bistecca in meno, un po’ di caldo in più negli uffici in agosto, e molti morti in meno davanti a Lampedussa e molti IS in meno, anche, e gole che si riempiono di polvere e di luce in mondovisione. Ma la democrazia è anche questa, che io e Salvini contiamo più o meno uguale e più o meno zero (e anche Obama, io credo), e che si decide tutti insieme dove andare e perchè e come. E quindi, se stiamo andando all’inferno, è perchè in fondo l’abbiamo voluto noi. Che per tutti gli altri siamo l’America.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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