Anche se il governo italiano non può ammetterlo, la vittoria di Trump, con tutto il suo portato di umori, alleanze, endorsement ecc, è un segnale allarmante per Renzi.
Perché quello che Renzi sta tentando di fare è agganciare l’Italia a un treno che qualcuno definisce “globalista”, e che rischia di andare in panne. Renzi e la UE, volenti o nolenti, si fidano del sistema finanziario globale e credono nella imprescindibilità del Mercato. Fiducia che Trump, aggiungendosi a un lungo elenco di leaders politici, fa credere di non avere. Dico questo con tutta la prudenza che ci vuole quando si divide il mondo tracciando spartiacque come se piovesse. È un esercizio rischioso con una sua utilità. Nel caso della vittoria di Trump e del suo significato, possiamo dire che Putin, Erdogan, Farage, Orban, Le Pen, Salvini, Grillo, hanno tutti salutato con favore chi la vittoria del miliardario, chi la sconfitta della Clinton, chi entrambe le cose. Al contrario Renzi, la Merkel, Hollande, i vertici UE in generale, sembrano molto preoccupati. Ripeto, io per primo diffido di certe semplificazioni, però il fatto che quelli abbiano esultato e questi altri no, è un fatto.
Continuando a mettere roba nel pentolone, possiamo dire che la vittoria di Trump sembra una sconfitta per trattati commerciali internazionali come il NAFTA (Nord America), il TTIP (USA-UE), il TPP (USA-Paesi del Pacifico), per le politiche di apertura sull’immigrazione e per gli accordi di Parigi sulla riduzione dei gas serra.
Tornando a Renzi, sembra dunque che lo scenario internazionale in cui ha cercato di ritagliare un ruolo all’Italia (non importa se bene o male), si stia incrinando di brutto.
Ma è solo Renzi che si deve preoccupare? E noi?
Intendo, dovremmo aspettarci che il mondo, compresa la finanza internazionale, continui a girare alla stessa maniera o veramente il fronte anti globalista è diventato abbastanza solido da modificare questo andazzo? E ancora, le politiche sull’immigrazione, deficitarie ma comunque ispirate a principi, se non di accoglienza, almeno di attenzione, continueranno ad essere praticate in Occidente o assisteremo a una “Orbanizzazione” generale? E le riduzioni di CO2 programmate a Kyoto e a Parigi, verranno portate avanti o si inizierà a trattare il riscaldamento globale come una bufala?
Ecco, magari Renzi, la Merkel, Junker e Draghi si stanno ponendo esattamente queste domande, ma io credo che dovremmo farlo tutti.
Per poi fare cosa?
Qualcuno sta dicendo in queste ore che se i Democratici avessero scelto Sanders, a quest’ora non saremmo in queste condizioni. Io invece ripenso a mia nonna che non aveva le ruote e per quanto si sforzasse non è mai stata carretto. Sanders, ce ne fossero mille, non ha convinto abbastanza e non è passato. Trump ha vinto le primarie, ha convinto più della Clinton e l’ha spuntata lui.
Provando a fare un paragone tra USA e Italia: Renzi e Clinton sono affini; al posto di Trump chi mettiamo? Grillo? Salvini? Casa Pound? Per come sanno intercettare e cavalcare un certo malumore, ci sta.
E al posto di Sanders?
Ecco, forse la domanda che potremmo farci, per quando dovesse toccare a noi è: chi mettiamo al posto di Sanders? E per non fargli fare la fine di Sanders, come facciamo a mettere insieme chi ha creduto nel modello che sta entrando in crisi con chi, più a sinistra, continua a remargli contro, con una serie di ragioni?
La vera posta non può essere sconfiggere Renzi o chi per lui, visto che col fronte che abbiamo definito “globalista” e di cui Renzi fa parte, rischiano di venir giù cose a cui teniamo tutti (politiche migratorie e ambientali in primis, politiche sociali condivisibili come la riforma sanitaria americana, le unioni civili ecc); la vera posta è arginare la moltiplicazione dei Trump e dei Salvini, degli Orban e dei Le Pen.
Ecco, io credo che per fare un Sanders italiano serva concentrarsi su quello che sta andando giù e che invece sentiamo di voler salvare: il superamento del dualismo tra Renziani e D’Alemiani (assieme al superamento di Renzi e D’Alema), può arrivare solo se ci concentriamo tutti su quello a cui tutti teniamo e che tutti rischiamo di perdere.
È una semplificazione, lo so, ma prima di trovarci Salvini al governo, io un tentativo in questo senso lo farei.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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