La sindaca Virginia Raggi ha ancora una volta condannato senza equivoci il fascismo e il razzismo. Io non vorrei entrare nella logica della scusa non richiesta di cui è celebre esempio l’ “io non sono razzista ma…” che prelude alle peggiori affermazioni razziste. Però mi azzardo a dire: non sono grillino ma queste prese di posizione mi sono piaciute. E pure molto. Se lo ha fatto come ufficiale di governo, cioè organo di uno Stato fondato sull’antifascismo, la cosa non può che soddisfarmi come cittadino. Anzi, un tempo lontano l’avrei data per scontata: “non fa altro che il suo dovere”. Ma ora che se a molti della generazione della sindaca chiedi chi era Pertini, vogliono sapere in che secolo è vissuto e se possono chiedere un aiuto a casa, beh allora il coraggio istituzionale della sindaca io lo apprezzo. Tanto più perché scontenta una parte purtroppo notevole dei suoi amministrati il cui consenso, nella situazione in cui la giovane amministratrice naviga, le farebbe molto comodo. Se lo ha fatto come militante 5Stelle la apprezzo ancora di più perché a difenderla contro il malumore della destra non ha neppure la forza della sua funzione, ma solo un partito la cui missione antifascista non è in cima ai programmi. Se è una presa di posizione politica, significa che rappresenta, non so se a ragione o a torto, un soggetto politico che vuole prendere voti a sinistra ma non ha paura di perderne a destra. E anche se personalmente, essendo di sinistra, preferisco votare direttamente un partito della sinistra, mi fa piacere pensare che una formazione che potrebbe vincere le elezioni abbia in questo caso un importante debito elettorale con la mia area di opinione. Dire che in questa circostanza apprezzo la Raggi ma che non mi sogno di votare per i 5Stelle perché voterò a sinistra, significa attirarmi i virulenti “non mi piace” dei 5Stelle e di certa sinistra. Quindi, già che ci sono, aggiungerò anche quelli dei sardisti parlando del loro patto con Salvini. E non scomodo Lussu e gente così per non uscirci troppo lontano . Io ho conosciuto e anche bene Mario Melis. Era uno che non aveva paura del futuro e ne immaginava di vari tipi, anche piuttosto improbabili. Ma se gli avessero detto che il suo partito un giorno avrebbe razzolato in un’aia dove puoi imbatterti anche in roba come “razza bianca”, si sarebbe messo a ridere. Come quell’uomo del 1955 di “Ritorno al futuro” che quando il ragazzo che viene dal 1985 gli rivela che nel suo tempo il presidente è Reagan, lui risponde scettico: “Ronald Reagan? L’attore? E il vicepresidente chi è, Jerry Lewis?”.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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