E’ utile provare a scandagliare le illusioni e ciò che abbiamo sempre sognato: un mondo bello, diverso, felice, giusto, pieno di passioni e di voglia di esserci. Un mondo dove tutti avevamo un piccolo mattone in tasca per costruire strade utili all’incontro, per innalzare ponti da superare tutte le barriere, per raccontare storie solo per il piacere di rappresentare quella consapevolezza di esserci e per distribuire abbracci a tutti. Il direttore di Sardegnablogger, Francesco Giorgioni, ieri ha scritto un articolo bellissimo e struggente, intellettualmente ineccepibile, uno di quegli articoli che quando finisci di leggere ti chiedi: “perché non sono stato capace di scriverlo io?”. Lo ha titolato “abbiamo perso” parafrasando una bellissima canzone di Giorgio Gaber “la mia generazione ha perso” facendola sua, della sua generazione, che è quella successiva alla mia. Mi sono detto: “Ma se la sua generazione ha perso cosa posso dire della mia?” Poi ho provato ad aprire tutti i cassetti dei ricordi, ho provato a ritagliare tutte le illusioni, le disillusioni, le urla e le speranze, le incertezze, le rabbie e le paure ed è uscito fuori qualcosa di diametralmente opposto da quello raccontato da Francesco Giorgioni: non è vero che abbiamo perso. Noi, per quanto non possiate essere d’accordo, abbiamo vinto. Giorgioni compreso.
Chi utilizza le parole per costruire storie da raccontare ha sempre la vittoria in tasca. Fin dal mio primo sciopero in autostop da Alghero a Sassari, con quel K2 verde stantio, con Lotta Continua in tasca (eravamo più audaci di Guccini che portava l’Unità) con quella voglia di alzare il pugno al cielo per chiedere più lavoro, più equità, più giustizia, sapevo di aver vinto. Perché si vince quando si ha un ideale non quando le tue idee diventano classe dominante. Si vince quando si ha la forza di cantare a squarciagola, come dei cretini, “El pueblo unido jamas serà vencido” e si ascolta con attenzione quello che due preti operai fuggiti dal Cile raccontano del regime di Pinochet. Si vince quando scrivi un tema su Pasolini e la tua professoressa non può contestare il contenuto e neppure la forma. Quel tema raccontava storie di vita, storie vere, di operai e di padroni e si vince quando si ha il coraggio di dire che anche nel 2017 ci sono i padroni. Si vince quando capisci che puoi essere utile alle piccole cause e non devi attendere di diventare Martin Luther King. Vinci quando sai ascoltare, quando sai aspettare, quando sai argomentare e attendi le risposte degli altri. Vinci quando non alzi la voce, quando ti incazzi perché perdi un treno ma fai di tutto per cercarne un altro magari cambiando stazione. Vinci quando sai scegliere con chi stare, ma anche quando sei terribilmente confuso, quando riesci ad accovacciarti tra le parole e il silenzio. Noi abbiamo vinto. Perché non è vero che Facebook ci deve dettare l’agenda, non è vero che vince chi ha più like, come non è vero che vince chi ha più voti. Puoi anche prendere l’80% dei consensi ma non avrai vinto nulla se non riuscirai a far comprendere quello che intendevi dire. Non si vince perché si è antifascisti. Si vince se si dimostra quanto orrore ha procurato il fascismo. Francesco Giorgioni pone un problema non da poco che è, a pensarci bene, quello che venne posto a metà dagli anni settanta da gente come Moravia, Scalfari, Calvino, Parise e Pasolini: il ruolo degli intellettuali all’interno di un paese. Oggi appare un ruolo abbondantemente superato dagli eventi. Nessuno legge libri, figuriamoci saggi, nessuno ha voglia di provare ad arrivare alla fine di un articolo (che in gergo modernistico si chiama “post” ma che a me è sempre piaciuto chiamarlo “articolo” ) se supera le 1500 battute (e dunque, suppongo, che saranno in pochi a leggere quello di Giorgioni e questo). Nessuno ha voglia di ascoltare. Perché ascoltare pesa. Dunque, per Giorgioni siamo una minoranza, “troppo pochi per poter fronteggiare le soverchianti forze avversaria”. Questo è vero. Non credo neppure che la controparte sia rappresentata da una semplice “maggioranza silenziosa” pronta a credere a tutto ciò che il politico di turno riesce a vendergli in termini di propaganda “tanto al chilo” : i negri stuprano le nostre donne, ci rubano il lavoro. I negri sono i nostri nemici. Capisco che è difficile per un politico dover spiegare che ci sono anche i bianchi che stuprano, rubano il lavoro, non pagano le tasse, prendono un mitra e uccidono cinquanta ragazzi ad un concerto country. E’ difficile, terribilmente difficile. Infatti non lo spiegano. A farlo siamo noi con la nostra rassegnazione, con la nostra follia di “voler continuare ad illustrare le dinamiche sociali, elencare dati, ricordare la storia per spiegare che le migrazioni sono una realtà millenaria, non un’emergenza del nostro tempo.” E’ una frase dell’articolo di Francesco Giorgioni che ci spiega perché ha perso. Per me è una bellissima frase che spiega, invece perché abbiamo vinto. Perché continuiamo a meravigliarci, continuiamo ad incazzarci, a sorridere e riprovarci. Lo facciamo nel nostro piccolo da quattro anni con questa strana pagina che si chiama Sardegnablogger. Le cose che scriviamo le leggono, molto probabilmente, persone molto vicine al nostro modo di vedere il mondo. Se le cose stanno così significa che ci sono 16.000 persone attente e curiose (tante sono quelle che, più o meno ci seguono) alle nostre parole, ai nostri scazzi, ai nostri articoli duri e gioiosi, al modo con il quale proviamo a dipingere il mondo. Direte: ma 16.000 persone non sono niente davanti a milioni di italiani. Ed è vero. Però sono disposte a leggere fino in fondo un articolo e, a volte, a commentarlo. Il più delle volte (certi articoli hanno avuto migliaia di condivisioni e di letture sul sito) i nostri lettori non mettono neppure un “mi piace” e nessun commento. Poi, però ti rendi conto che leggono. Abbiamo vinto perché siamo riusciti a raccontare il mondo con le nostre tavolozze e i nostri colori ed era il sogno che avevo fin da quando, nel 1977 partecipai al mio primo sciopero. La libertà è partecipazione, diceva Gaber. E’ anche la possibilità che ha ognuno di noi di misurare le proprie vittorie e le proprie sconfitte: noi siamo 16.000. Il candidato a capo del Governo Di Maio ha ottenuto meno di 40.000 voti. E ha vinto. Alle politiche prenderà milioni di voti ma, in realtà, il suo recinto è quello di chi lo ha votato alle primarie. Noi con le nostre parole, con le nostre storie abbiamo raggiunto 16.000 persone, 6000 delle quali hanno deciso quale fosse la canzone dell’estate: “El pueblo unido, jamas serà vencido”. Con questa consapevolezza, con la commozione nell’anima dico a Francesco Giorgioni e a tutti i redattori di Sardegnablogger: abbiamo vinto!.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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