Nanni Campus è il nuovo sindaco di Sassari. E i dati principali, con il 97 per cento delle schede scrutinate delle ore 0,43 (l’ora in cui scrivo), sono due. Il primo è che gli oltre dieci punti di distanza tra lui e Mariano Brianda – 55,83 contro 44,17; 23.371 voti contro 18.488– denunciano una sfiducia nei confronti del centrosinistra e soprattutto nei confronti del Pd, il partito che nonostante ogni tentativo da parte di Brianda, caratterizza maggiormente la coalizione. L’altro dato riguarda la percentuale dei votanti: 40,96. E questo denuncia una sfiducia più generale, non quella verso una parte politica, ma quella di una città, complessivamente, verso la sua classe dirigente.
Cagliari gioirà per questa debolezza.
Sassari è una città da decenni penalizzata da una politica regionale decisamente vantaggiosa nei confronti di Cagliari. La città metropolitana, copertura formale per raggranellare maggiori rimesse pubbliche, non è che l’ultimo atto di una pericolosa politica di squilibrio regionale che oltre al gap tra Sassari e Cagliari sta portando alla spopolamento di vaste zone della Sardegna.
La classe dirigente di Sassari –politica, imprenditoriale e culturale – è responsabile del declino della città. Alle politiche predatorie non ha saputo opporre idee, investimenti o quanto meno compattezza. La destra si è spesso limitata a un campanilismo inconcludente e qualche volta lessicalmente basico, la sinistra rappresentata dal Pd ha lanciato parole d’ordine vuote e ha in molte circostanze negato l’esistenza di questo squilibrio.
Entrambe le parti hanno mandato i loro uomini alla Regione, spesso con incarichi di vero potere, senza mai riuscire a difendere in maniera efficace e continuativa gli interessi di Sassari.
Questo ha senz’altro condizionato gli elettorati di sinistra e di destra e alla vittoria di Campus ha contribuito, pur con tutto il suo background decisamente di destra, la sua campagna tesa a una discontinuità con questo passato e la rivendicazione apparentemente decisa di un nuovo ruolo della città nel contesto regionale. Non so quanto ci sia di propaganda in tutto questo e quanto Campus e il suo gruppo riusciranno in realtà ad arrestare o quanto meno rallentare il declino di Sassari; ma è certo che sotto questo aspetto la sua campagna elettorale è stata molto più incisiva di quella di Brianda, che pure essendo personalmente molto convinto della necessità di riscatto da parte della città, ha probabilmente dovuto fare i conti con la linea del Pd, prudente in merito sino ai limiti dell’autolesionismo.
I cinque anni della giunta di centrosinistra di Nicola Sanna non sono stati infine il migliore viatico per un nuovo sindaco della stessa coalizione. E non certamente per colpa di Sanna, che nonostante molte superficiali e volgari critiche che hanno innescato una vulgata falsa ma inarrestabile, è stato un ottimo sindaco e uno dei politici più coraggiosi e onesti che questa città abbia saputo esprimere. Ma il suo partito, il Pd, gli ha praticamente impedito sin dal primo giorno di mandato di amministrare con tranquilla efficacia, imbozzolandolo in una prigione sempre più opprimente di agguati in consiglio, di rimpasti continui in giunta, di polemiche tra il sindaco e il partito che lo ha espresso. I motivi sono da ricercare probabilmente nella vittoria ottenuta da Nicola Sanna alle primarie contro la volontà dei capi del Pd locale. Il risultato è stato un’immagine negativa fatta di spaccature e di lotte per il potere che ha fortemente indebolito tutta la sinistra. Ma nonostante questo, il fatto di avere praticamente ignorato nella sua campagna elettorale l’amministrazione uscente di centrosinistra non credo abbia giovato a Brianda. Una sorta di oggettiva affermazione di discontinuità che conteneva implicite critiche in una tacita presa di distanza che sicuramente ha sconcertato molti elettori di sinistra.
Io credo che in quel sessanta per cento di cittadini che non sono andati a votare ci fosse anche molta sinistra, contrariamente alle vecchie convinzioni che davano l’astensione come fenomeno soprattutto della destra. C’era per esempio una numerosissima sinistra ambientalista che non si è sentita rappresentata neppure da chi nei vari schieramenti ha tentato di cavalcare questo argomento. C’era anche una sinistra che nel comizio finale di Zingaretti a favore di Brianda ha visto un eccessivo appiattimento del candidato, pur palesemente indipendente, sull’icona temporanea di un partito che secondo sempre più elettori non rappresenta più la sinistra.
Da oggi, in definitiva, a Palazzo Ducale saranno un sindaco, una giunta, una maggioranza e un’opposizione scelti da molto meno della metà di Sassari.
La sola speranza è che, per chissà quale miracolo che personalmente non riesco a intravvedere, proprio da questa crisi di rappresentanza possa nascere un percorso interessante. Una sorta di sussulto di dignità, di rabbia e di capacità decisionale da parte di chi – maggioranza e opposizione- dovrà guidare la città. Staremo a vedere, ma con contenute speranze.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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