Per due giorni La Nuova Sardegna non è stata in edicola, causa uno sciopero indetto dai giornalisti del gruppo Espresso-Repubblica cui il quotidiano sassarese appartiene. E a noi, cosa ce ne importa? Un giornalista ha il diritto di sapere con quale padrone deve lavorare. Non tutti possiedono i requisiti per essere degli editori, rispettosi dell’autonomia di chi su quel giornale ci mette firma e faccia. Un editore improvvisato, per il quale il quotidiano sia solo uno strumento per orientare l’opinione pubblica o per coltivare altri interessi, non può garantire la libertà di stampa. Un giornalista ha il dovere di sapere se la persona che gli paga lo stipendio, un giorno, potrà fermare o deviare la sua penna, avrà intenzione di licenziare, affidarsi a precari, pagare i collaboratori con compensi dignitosi. Ne ricordo uno, di editore, che il suo giornale lo chiamava “il prodotto”, come certi articoli sugli scaffali degli ipermercati. Quando una cronista che faceva parte del comitato di redazione – l’organo di rappresentanza sindacale interna – gli chiese se più appropriatamente lo potesse chiamare “il giornale”, lui le rispose con un risolino di compatimento: non ci vedeva nulla di diverso, di nobile, in quel prodotto, dai tanti altri che le sue società possedevano. La Nuova Sardegna ha scioperato perché due giornali del gruppo cui appartiene, “Il Centro” di Pescara e “La Città” di Salerno, sono stati scorporati e venduti ad altri proprietari senza che i giornalisti ne sapessero nulla, avvertiti a fatto compiuto. Una manovra necessaria, dice Finegil, per evitare che si violassero le norme antitrust, in previsione della fusione tra Repubblica e La Stampa. Ma il giornalista, con tutto il rispetto, non è un calciatore, che si vende ad un’altra squadra in base alle leggi di mercato: chi vi racconta il mondo deve sapere se potrà continuare a svolgere in piena autonomia la propria missione professionale. Un giornalista, in questa società, ha un ruolo di forte responsabilità. È responsabile dell’informazione dei cittadini e quando sbaglia, deve poter sbagliare in piena libertà. I giornali che predicano democrazia e diritti civili, ma poi dimenticano di dire ai dipendenti che li stanno vendendo ad un altro padrone, dimostrano quanto il mondo dell’informazione vada monitorato con la massima attenzione: perché fa parte della nostra vita e dobbiamo pretendere che ne migliori la qualità. Per questo hanno fatto bene i giornalisti de La Nuova Sardegna a scioperare.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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