Avete presente l’edizione speciale del Pandoro Melegatti? Quella in cui Scanu compare sulla confezione con un braccio teso e ricoperto di stelline? E avete presente lo slogan lanciato on line, sempre da Melegatti: “ama il tuo prossimo come te stesso, basta che sia figo e dell’altro sesso”?
Di queste e altre amenità parla un interessante articolo su marketing e dintorni a firma di Frank Merenda, uno che non conoscevo ma che sembra capirne assai.
L’articolo spazia da Melegatti, alla comunicazione, agli errori, agli stereotipi, alla creatività.
Si critica Melegatti per aver “tradito” il suo brand (IL pandoro per definizione) affidandosi all’immagine di un personaggio pubblico amato e chiacchierato come Scanu. Il testo è estremamente tecnico, ma si fa scivoloso quando Merenda scrive:
“Non ho nulla contro Scanu. Non seguo la musica italiana, non ho mai sentito un suo pezzo e non ho nessun pregiudizio al riguardo. Semplicemente “Scanu” è un ragazzo giovane, dal successo non mi sembra nemmeno così “universale” e accostarlo ad un brand che parla di “tradizione” dicendo “L’originale” è una scemenza. Ma non lo è solo per la Melegatti. Lo è anche per Scanu stesso ovviamente.
Scanu è “famoso” come oggetto di gossip per la sua sessualità ambigua. Abbastanza disgustose certe uscite da parte di gente come Chiambretti che nella sua trasmissione lo appella con “Scanu, sei gay?”. Posto che i gusti sessuali di Scanu saranno anche fatti di Scanu e non dovrebbero interessare, scandalizzare o diventare oggetto di gossip o chiacchiericcio, sta di fatto che lo sono. E accostare la Tradizione del Pandoro a un personaggio pubblico dalla sessualità quantomeno chiacchierata non è ovviamente la mossa del secolo”.
Più avanti l’autore continua:
“Le reazioni di ilarità della rete derivano dal fatto che la gente associa inconsapevolmente ma in maniera automatica come ridicolo l’accostamento tra un ragazzo così giovane e chiacchierato sessualmente e un prodotto della tradizione dolciaria. Non stanno bene insieme senza nessun giudizio di merito. Ma il brand ha a che fare con gli stereotipi. Il brand ha a che fare con i pregiudizi. Il brand si occupa di spazi nella mente. E Scanu e Melegatti non occupano lo stesso spazio. Non vanno associati MAI, per nessun motivo, né per edizioni limitate né per altro. Punto”.
Non so se sia vero. Mi puzza di omofobia latente. Però devo ammettere che anche a me, vedere Valerio su un pandoro ha fatto un effetto strano. Il problema non è Valerio Scanu ma, l’associazione pubblicitaria tra musica e alimenti popolari, tra spettacolo e dolci, tra riflettori e succhi gastrici. L’avesse fatto De Gregori mi sarebbe sembrato ancora più strano, per dire.
Questo passaggio verrà poi superato nel discorso generale, e alla fine dell’articolo resta la sensazione di aver letto un breve trattato di marketing, molto ben fatto, in cui si parla, come spesso accade, di noi.
Noi che siamo target, noi come segmento di mercato.
Ce n’è abbastanza per aprire un riflessione che duri settimane. Certo, un bravo tecnico sa come funziona la pubblicità di un prodotto. Ma inquieta leggere che il brand ha a che fare con stereotipi e pregiudizi, che si occupa di spazi nella mente. E che un personaggio pubblico sessualmente chiacchierato e un pandoro non occupano lo stesso spazio.
Per fortuna, tra la luna e il dito possiamo scegliere di volta in volta cosa guardare.
Ad esempio, si parla di spazio. Qual è il metaspazio? Il pubblico italiano?
E dove stanno i pregiudizi, nello spazio mentale del consumatore medio o nel metaspazio sociale di cui le menti fanno parte?
E il pubblicitario, è dentro o fuori da questo metaspazio? Ed eventualmente, ne condivide i pregiudizi o no?
Conosco Valerio Scanu dal 1993. Oltre che un bravo cantante è una brava persona. Non lo seguo musicalmente. Raramente mi capita di vederlo in televisione perché ne guardo veramente pochissima. E mi pare che sia molto più famoso come cantante che come “ragazzo così giovane e chiacchierato sessualmente”. Allo stesso modo mi pare razionale l’idea di associarne l’immagine a un prodotto da vendere, specie se è un’edizione speciale.
Soprattutto, però, se le chiacchiere attorno a lui contano più della sua popolarità come artista allora mi viene da pensare che il problema non ce l’ha Melegatti e neanche Scanu, ma ce l’ha il pubblico.
Io non faccio il pubblicitario, e pur capendo che chi lo fa ha come obiettivo quello di vendere, resto perplesso di fronte al gioco delle parti tra mercato e senso comune. Un gioco al ribasso, a minimizzare, a dare spazio solo alle cose di basso livello, primordiali, istintuali.
Come se quello che conta, alla fine, fosse solo la pancia: riempire la pancia, puntare alla pancia, parlare alla pancia, pensare con la pancia.
Da come parlano i pubblicitari, sembra che le tracce da seguire per un buon business siano gli umori gastrici e i pregiudizi sessuali.
Sarà anche per questo che guardo pochissima televisione.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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