Anche nel mio bunker metaforico, che appena arriveranno le guarnizioni del portellone blindato diventerà reale, risuona l’eco delle discussioni su vaccini, radiazioni, libertà di cura, rischi di epidemie ecc.
Nella mia bacheca ci sono stati alcuni scambi tutto sommato molto civili e utili, tra persone di diverso avviso. A me, chiacchierando con gli uni e con gli altri e pensando al dibattito generale sul tema, sono emerse alcune domande che vorrei riproporre qui, prima di tuffarmi nelle tenebre del mio rifugio (in realtà avrò un sistema di specchi per veicolare la luce solare sotterra, ma era per dire).
Secondo un’opinione diffusa, i medici che mettono in dubbio l’utilità o la sicurezza dei vaccini andrebbero radiati perché entrambe sono scientificamente evidenti e fuori discussione. La domanda che mi pongo è questa: ho visto che l’agopuntura rientra fra le pratiche mediche contemplate dal SSN e, nel caso di impiego anestesiologico, è anche pagata dalla mutua. Mi chiedo se un medico (o un profano) siano liberi di mettere in dubbio l’utilità dell’agopuntura senza incorrere in rischi disciplinari o in bordate di fischi. E mi chiedo, se è un problema di rispetto della scientificità delle discipline, perché? Qualcuno può obiettare: “ma no, o coglione, è solo un problema di sicurezza”. Risponderei: “Ok, lo capisco” ma a questo punto mi si rafforza il sospetto che la scientificità, con la coercizione, non c’entra niente e che sia solo una scusa per ottenere, con la forza, quello che non si è capaci di ottenere con l’informazione, e quindi con la scienza.
Poi mi è venuto da chiedermi se sia lecito dubitare circa le basi scientifiche, per l’Italia, dell’obbligo per la vaccinazione antiepatite B. Me lo chiedo perché tale obbligo venne introdotto nel 1991 a seguito di una tangente da 600 milioni di Lire pagata dalla Glaxo-SmithKline, che produceva il farmaco, all’allora Ministro de Lorenzo e a Duilio Poggiolini. E me lo chiedo anche perché in metà dei paesi Europei nessun vaccino è obbligatorio (si lavora sull’informazione e la copertura vaccinale è altissima) e solo in 10 paesi su 29 è obbligatorio quello contro l’Epatite B. E badate che non mi sto chiedendo se il vaccino sia efficace o sicuro, mi sto solo chiedendo, viste le premesse e la situazione europea, se sia legittimo dubitare della necessità di renderlo obbligatorio o se sia obbligatorio fidarsi senza discutere.
Mi sono venute anche altre domande, sul diritto di essere informati in modo trasparente e “a tappeto” circa i rischi legati alle vaccinazioni, proprio per non lasciare il tema a complottisti e ciarlatani. E sentire, da una parte, commenti sprezzanti e inviti a fidarsi della scienza, e dall’altra leggere il testo della lettera che 120 medici (non 120 meccanici o 120 blogger, ma 120 medici, soprattutto pediatri e medici di base) hanno scritto all’Istituto Superiore di sanità invitando ad approfondire gli studi sui rischi da vaccino, pur difendendo l’utilità delle vaccinazioni, di domande me ne ha fatte venire anche altre.
Sembra che nel Bel Paese la laicità del pensiero sia uno sport estremo. Saranno i retaggi dell’Italia dei Comuni, sarà la nostra scarsa cultura scientifica, sarà quello che sarà, ma discutere e accettare serenamente i dubbi altrui è uno sport in cui non eccelliamo. La medicina, come istituzione, è dentro la società; come tale dovrebbe essere possibile discuterne, come semplici cittadini, allo stesso modo in cui discutiamo di politiche militari, di fisco, di ambiente, di adolescenti. La società, e le sue istituzioni, evolvono anche grazie al libero dibattito. Pensare di soffocarlo o troncarlo sul nascere, accusando i dubbiosi di non essere degli specialisti, è semplicemente stupido, oltre che perfettamente inutile. Quando ho assistito al dissidio tra due oncologi per stabilire se, a mia madre, fosse più giusto praticare la radio o la chemio, avevo o no gli strumenti per capire che forse lei non era in buone mani? Ditemelo voi.
Il rovescio di questa medaglia è il seguente: una società che dibatte ha bisogno di informazione, non di obblighi e coercizioni; nei paesi in cui nessun vaccino è obbligatorio (Gran Bretagna, Austria, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Islanda, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia) lo hanno capito bene. Infatti la copertura vaccinale è altissima. Ma una medicina (intesa come istituzione) che non capisce la società in cui è inserita, avrà più difficoltà a lavorare a un’idea di salute dei suoi membri, che non sia un’idea solo tecnica.
E forse il problema sta proprio nella circolazione dell’informazione di base. I paesi dove non esiste obbligo vaccinale, e dove però tutti si vaccinano, hanno lavorato molto bene su informazione e trasparenza, con un dialogo costante e diretto tra persone: pediatri da una parte e famiglie dall’altra. Probabilmente il fatto di avere pochi De Lorenzo e pochi Poggiolini, li aiuta anche. In Italia invece, il paese delle Linee Guida, in cui sempre meno sono quelli che si prendono la responsabilità di una relazione (sia essa terapeutica o educativa), la salute sembra più un’idea tecnica che un obiettivo a cui tendere considerando ogni paziente e il suo contesto nella loro complessità.
Alla fine, come scrivevo stamattina rispondendo a un amico, è l’eterno dilemma tra riduzionismo e carciofismo, laddove il riduzionismo (buono per la scienza dell’Ottocento) è l’atteggiamento mentale di chi pretende di ridurre le realtà complesse a una semplice somma di parti importanti e di dettagli trascurabili, mentre il carciofismo è la disciplina che afferma che a furia di eliminare le foglie per arrivare all’essenza, il carciofo sparisce. Io, pur non discutendo l’utilità dei vaccini, resto per la libertà di opinione e di scelta (come inglesi, norvegesi, svedesi, finlandesi, danesi, austriaci ecc) e mi schiero, sin da ora, coi carciofisti.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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