Il suono della campana ci sputa fuori dalla classe alle 10.40 e i nostri sguardi s’incrociano, mentre lasciamo alle spalle il vociare sguaiato degli alunni. Ci sbirciamo complici prima di sollevare gli occhi al cielo. All’unisono L’espressione del mio collega, e forse anche la mia, racconta più di quanto potrebbe fare una cinepresa che abbia registrato la lezione di entrambi. Sollevo le spalle, in un silenzioso sospiro di rassegnazione. Lui scuote la testa, in una muta ammissione di rinuncia. Mi mostra da lontano un mazzo di compiti in classe: – Qua c’è un inestimabile patrimonio di cazzate – mi dice sconfortato – Non sentirti un privilegiato, io quelle orali dei miei alunni le ho raccolte e catalogate tutte qua – mi do un colpetto in fronte. – Ma tu ci credi che per la prima volta dovrò dare tre ad un compito di italiano? – – Hai fatto fare dei test, quindi? Non sono temi… – – Sono temi, scritti coi piedi e ce n’è uno, addirittura, dove il ragazzino dice che in caso di diluvio universale salverebbe i genitori perché gli hanno dato la luce, il cane perché è il suo cane, Belen perché è gnocca e i libri non li salverebbe perché non servono a un cacchio. – Rido – Maddai, non ci credo. Non avrà scritto proprio così – – E ti sbagli: ha scritto proprio così – Sfila il compito dalla risma, lo isola da tutti gli altri e lo dispiega davanti ai miei occhi, come un tovagliolo messo in grembo quando il cameriere poggia il piatto sul tavolo. E quel che sembrava una barzelletta si rivela in tutta la sua drammaticità: la mole di stronzate, scritte con quel lessico idiota, è davvero impressa sul foglio. La mia ilarità iniziale non impiega molto tempo a mostrarmi il suo retrogusto amaro e mi viene una tale tristezza per un tema che, buttato giù con superficialità, racchiude tutto il mondo dello studente medio. Il suo bagaglio di disinteresse nei confronti della cultura, le poche ambizioni, l’assenza di curiosità, il menefreghismo e lo sprezzo del patrimonio di conoscenze che la scuola si sforza di dare. – Ho un’ora buca adesso, vado a prendere un caffè – – Anch’io e pensavo di correggere i compiti, ma non ne ho voglia. Vengo con te – Ci dirigiamo verso il bar e, mentre camminiamo, ognuno guarda i propri piedi. Ciascuno immerso nell’umiliazione di docenti messi davanti alla loro impotenza. Ad un tratto poggia una mano sulla mia spalla: – Dai, che siamo fortunati, facciamo un mestiere bellissimo. – – Sì, fino a ieri. – – Domani lo sarà di nuovo –
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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