Dopo il bellissimo e utile lavoro di Fiorenzo Caterini, che ha riassunto le vicende del G8 rubato a La Maddalena, tocca a me provare a metterci il finale. Io quelle vicende le ho vissute da vicino. Dal 2009 lavoro nella segreteria del Sindaco della Città. E ho visto le cose prendere forma, rallentare, crollare sotto il peggior berlusconismo e poi ibernarsi per due anni. Questa Città ha sempre basato la sua economia su risorse pubbliche: stipendi e appalti da parte di enti per lo più militari. C’era un sogno a La Maddalena, e c’è ancora: costruire un’economia sana fondata sulla bellezza abnorme del territorio. L’idea per dare gambe a questo sogno era ed è quella di utilizzare il patrimonio ex militare e trasformarlo in strutture turistiche di pregio. Un’idea quasi banale per un sogno di valore epocale. Purtroppo in Italia i sogni fanno spesso una brutta fine e il nostro, per ventiquattro mesi, è sembrato un cadavere. Dall’Aprile 2009 alla fine del 2011, di quel sogno, abbiamo visto solo spoglie immobili, echi di inchiesta, titoli impietosi (quando non infamanti) sulla stampa nazionale e rabbia, tantissima rabbia. La Regione Sardegna, protagonista con Soru della prima fase di questo rilancio, nel febbraio del 2009 scelse Cappellacci. Non so se sia stato per incapacità, per disinteresse, per berlusconite, per vendetta verso un’amministrazione Comunale interamente schierata con Soru e con l’idea del rilancio, fatto sta che fino al 2011, ogni tentativo del Comune di instaurare una collaborazione istituzionale con la Regione è andato a sbattere su telefoni che squillavano a vuoto, lettere con non ricevevano risposta, col timore di perdere tutti i fondi che dal 2009 erano stati stanziati e che, dopo il passaggio della cricca, sembravano persi nelle remote pieghe del bilancio statale. Nel 2011, per fortuna, la Regione si mise a fare la Regione, e la collaborazione tra i due enti, lentamente, venne riallacciata. Nel frattempo il Comune era riuscito a scoprire i soldi smarriti e a convincere Governo e Regione a stanziarne degli altri per eseguire quella Bonifica del fondale dell’Ex Arsenale che era rimasta sulla carta. Non per rivangare le porcherie di quei giorni, ma Bertolaso aveva incaricato delle bonifiche nientemeno che suo cognato, che di bonifiche ne capisce quanto me. Su questa bonifica però va aggiunta una cosa che neanche le inchieste della stampa antiberlusconiana hanno mai sottolineato a dovere: lo Stato italiano per quasi un secolo ha inquinato quei fondali, poi non ha vigilato sulla loro bonifica, e infine ha tentato di lavarsene le mani, riuscendoci almeno in parte. Andiamo con ordine: nel 2011 Comune e Regione riprendono a collaborare per portare a termine il lavoro interrotto. Nel Marzo del 2012, dopo un lavoro diplomatico e di stesura di bozze da parte degli uffici comunali e regionali, il Governo Monti pubblica un’ordinanza importantissima con cui vengono individuate le risorse e affidati i ruoli a Regione e Comune per rimettere in moto i cantieri, soprattutto quello del tanto agognato Porto turistico e commerciale della Città. Nel frattempo riprendono gli incontri a La Maddalena, Cagliari e Roma, tra vertici politici e responsabili tecnici e nell’estate del 2012 Regione e Comune stipulano una prima intesa formale sul percorso da seguire; a dicembre viene stipulata una convenzione formale. Sempre nel dicembre del 2012 inizia a circolare la bozza di un decreto ministeriale che declassa alcune aree soggette a bonifica, da sito di interesse nazionale (SIN) a sito di interesse regionale (SIR): tra queste l’Ex Arsenale militare di La Maddalena. È un modo come un altro per scaricare responsabilità nazionali sulle spalle dei sardi e in particolare dei maddalenini. Nell’estate del 2013 il Comune, individuato come soggetto attuatore, presenta in Regione i primi documenti della progettazione conclusiva del nuovo fronte-mare: su quelli verrà istruita la gara internazionale a procedura integrata, per la realizzazione del progetto esecutivo e delle opere. Nell’Ottobre 2013 Comune, Regione e Governo siglano un Protocollo di intesa per il completamento delle bonifiche: anche qui, la Regione è delegata a coordinare le attività e il Comune è individuato come soggetto attuatore. La Giunta Pigliaru, alla guida della Regione dal febbraio 2014, non ha interrotto il lavoro fatto nel frattempo dando l’impressione, anzi, di volerlo accelerare. Nei mesi successivi si sono susseguiti altri passi amministrativi che non sto ad elencare, da parte di tutti gli enti coinvolti: Comune, Marina Militare, Capitaneria di Porto, Parco Nazionale, Ministero Infrastrutture, Assessorato regionale ai Lavori pubblici ecc. La storia non cambia mai del tutto -non improvvisamente almeno- e qui, per vedere le cose che vanno avanti c’è bisogno, più che in altri luoghi d’Italia, di passare da centomila uffici. E ancora non basta. Inoltre lo scetticismo di alcuni locali, abituati a veder girare il mondo attorno alla Marina Militare, contribuisce a creare un clima di sfiducia e pessimismo circa le reali possibilità di riuscita, come se non fosse possibile un futuro diverso dal passato. Invece questa svolta non solo è possibile ma è anche inevitabile; nulla poi impedisce che la Marina, con i suoi corsi e le sue scuole di formazione, continui a dare lavoro. Dovendo fare un bilancio finale su quel che è stato l’affaire G8, direi che il danno peggiore lo hanno fatto le istituzioni, non c’è dubbio. Burocrazia e malaffare hanno azzoppato il sogno di un’intera città a pochi metri dal traguardo. Però non l’hanno ucciso. Questa città non è una città qualunque, e non si trova in una regione qualunque. La Maddalena ha la fortuna di sorgere sul territorio più bello del Mediterraneo, per le sue terre e per il suo mare. Essa può ancora testimoniare che, da un’economia di guerra, è possibile transitare ad un’economia di pace fondata sulle qualità del territorio. L’unica incognita, legata alla crisi economica italiana e alla lentezza strutturale della burocrazia, riguarda i tempi. Ma, con buona pace della cricca e di chi non ama le novità, prima o poi il lavoro iniziato arriverà a conclusione.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
28 maggio 1974: storia di una strage. (di Giampaolo Cassitta)
Don Puglisi e la mafia. (di Giampaolo Cassitta)
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22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
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