La ragazza della foto è morta otto anni fa. Si chiamava Meredith Kercher, inglese, studentessa a Perugia. Se avessi visto questa foto per sbaglio, non credo l’avrei riconosciuta. Per questo l’ho scelta per accompagnare il post. In questa foto sembra una ragazzina. E con quel sorriso così pieno sembra una di noi.
Meredith fu uccisa nella notte tra il primo e il 2 novembre. La mattina del 2 il ritrovamento del corpo inaugurò uno dei casi di nera più dibattuti degli ultimi vent’anni.
Finirono in carcere diverse persone, per quel corpo dissanguato. Una sola però è ancora dentro: Rudy Guede, ritenuto dal tribunale l’unico colpevole. Non sono in grado e non voglio entrare nel territorio battuto da moltissimi: quello del dubbio sulla bontà delle sentenze. Certo è che Meredith e Rudy, vittima e carnefice, si sono visti rubare la scena molto presto. Sembra assurdo ma è così. Il protrarsi del procedimento a carico di Sollecito e della Knox ha rimpiazzato la notizia iniziale: è stata uccisa una ragazza. I sentimenti legati all’omicidio, semmai il pubblico televisivo abbia sentimenti e non solo sensazioni e semmai la morte di una sconosciuta sia in grado di turbare veramente, hanno lasciato il posto, subito, a impeti molto più forti, scatenati dalla simpatia o dalla antipatia per gli indagati. Vittima e colpevole non interessavano più. Forse è normale che sia così. In fondo su Guede era calata una sentenza netta e su Meredith ancora di più. Come dire, non c’era più nulla da dire, nulla per cui emozionarsi, nulla con cui identificarsi. Altra cosa il chiaroscuro dei due indagati. Torbidi, ambigui, bifronte. Arrestati, condannati, assolti, condannati, assolti. Si, forse è normale. Alla fine ci si attacca comunque alla vita, a chi ce l’ha ancora e, nel dubbio, preferiamo rischiare di salvare un assassino piuttosto che condannare un innocente. Non solo. Col tempo la vita diluisce anche la gravità della morte, e ci si scopre a sperare che chi dice di essere innocente lo sia davvero. Specialmente se ha un bel visino, se ci somiglia, se non incarna una minaccia. Due giovani benestanti, belli, bianchi, visti attraverso lo schermo della tv non possono sembrare una minaccia credibile. Così, di quella notte del 2005 tra il 1 novembre e il 2, ci si fa un’idea diversa da quella che ci si era fatti all’inizio.
Mi sale un dubbio strano, che mi vergogno quasi a confessare ma che confesserò ugualmente. Se tutto è sensazione, o quasi, e se i giornali avessero usato sin dall’inizio solo questa foto in cui Meredith sembra una bambina, che idea ci saremmo fatti di quella notte di otto anni fa?
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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