Ispirandomi all’opera immortale di Jonathan Swift, ecco una modesta proposta per preparare la Fase 2 sarda ed evitare che la politica disperda energie discutendo garbatamente sull’essenza antropologica del culto della Madonna, se ai turisti sia meglio chiedere la patente di non morbilità o l’IBAN o se – rifacendosi alle più dotte dispute del periodo post iconoclasta nel millennio bizantino – della confusione nella Sanità siano più colpevoli quelli che c’erano prima o quelli che ci sono adesso. Credo che tutti siano d’accordo che un problema grave della ripresa dopo il passaggio del virus sarà quello della massiccia presenza di meno abbienti nelle strade e nei luoghi pubblici. Per costoro intendo, cominciando dal gradino più basso della scala sociale, gli immigrati di colore nero che chiedono l’elemosina e, via via salendo, gli immigrati di razze più vicine alla nostra e i mendicanti indigeni. Questa composita categoria è stata sostenuta in vita soprattutto dalla generosità individuale dei cittadini e dall’attività di associazioni ed enti religiosi e laici, a loro volta sostenuti economicamente da donazioni private e da rimesse pubbliche attinte a capitoli di bilanci vari dedicati all’assistenza. Il restringimento delle capacità economiche di privati, enti locali e Stato porterà inevitabilmente a un arresto di questo flusso che sostenta la categoria in oggetto. Il capitale pubblico sarà infatti appena sufficiente a sostenere la ripresa industriale e il lavoro, mentre la disponibilità privata sarà gravemente contenuta da depauperamento delle pensioni (volete che in presenza di una crisi qualsiasi lascino in pace i pensionati?), riduzione dei posti di lavoro precari non a favore di quelli fissi ma della disoccupazione, elargizioni di sussidi sociali ecc. Tutto ciò provocherà l’arresto di cibo e medicinali per la categoria dei non abbienti da strada che, senza più limiti di distanziamento sociale, vagheranno per le vie e le piazze, e aumenterà anzi le loro schiere sospingendovi i nuovi poveri da post Covid. Tutto ciò creerà gravi problemi di presenza diffusa e scandalosa di sofferenti, a causa di inedia, di molti mali alcuni dei quali rivoltanti alla vista e all’olfatto e persino contagiosi, provocando disgusto, sconcerto e talvolta panico nella popolazione. La mia modesta proposta è quindi quella, già da ora, di eliminare in campi appositi fuori dai recinti urbani gli attuali indigenti, in modo che quelli che si aggiungeranno possano in qualche modo essere contenuti senza creare scandali e timori in una popolazione già provata dall’epidemia e bisognosa di tranquilla forza per costruire collettivamente la ripresa. Tali campi di eliminazione dovranno essere gestiti rigidamente dal potere pubblico, evitando concessioni private a qualsiasi titolo giuridico, questo allo scopo da un canto di evitare fenomeni di corruttela, dall’altro di uniformare i criteri di eliminazione che dovranno essere improntati alla pietà fisica e spirituale e alla più rigida igiene nello smaltimento dei corpi, per i quali si potrà osservare una successiva differenziazione di natura razziale e di censo. Ma lascio questi particolari agli esperti, non volendomi erigere io a decisore ma essendo soltanto un umile propositore.
Nota della Direzione. Siccome questa roba è destinata anche ai social e i social sono frequentati da una dose minima di “superficiali” (pochi, però), a costo di rovinare il già povero effetto comico dello scritto, la Direzione specifica che è uno scherzo ispirato al noto libello satirico del grande scrittore irlandese dei “Viaggi di Gulliver”, Jonathan Swift, dal titolo appunto “Una modesta proposta”, che consisteva nel consiglio di mangiare ben cotti i bambini poveri per non pesare con la loro assistenza sul bilancio pubblico.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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