Nel 1973 ero di ritorno da un viaggio in Olanda a trovare i miei zii, passammo con mio fratello e mia madre per Roma dove viveva sua sorella. Roma, per me, era solo una serie di fotografie dei libri di geografia e qualche documentario visto in televisione. Non c’ero mai stato anche perché all’andata del viaggio passammo per Genova. Stazione Termini mi sembrò una città immensa, gonfia di treni e di uno strano odore di grasso che da quel giorno divenne l’odore di stazione. Mio zio nelle giornate romane ci accompagnò allo zoo, al Colosseo, in via dei Fori imperiali, l’altare della patria, fontana di Trevi. Assaggiai per la prima volta la bellezza di Roma. Un pomeriggio di un sabato tranquillo e assolato mia zia mi chiese se potessi andare ad acquistare il sale, sotto casa sua. Proprio in via Leonardo da Vinci – lei viveva nel quartiere di San Paolo fuori le mura – c’era un mini market. Entrai e cercai il sale ma non lo trovai. Mi pareva brutto chiedere ma, alla fine, mi arresi. La cassiera mi guardò come si osserva un marziano appena sbarcato da qualche galassia lontana. “Il sale? Noi non lo vnediamo. Lo trovi nel tabacchino di fronte”. Rimasi senza parole e mi scusai. Il tabaccaio quando chiesi una busta di sale grosso non fece una piega e chiese 500 Lire. Pagai seppure sconcertato e rientrai a casa, da mia zia. Lei mi spiegò che il sale era monopolio e si trovava solo nelle rivendite di sale e tabacchi, così come recitava la scritta. In Sardegna ed in Sicilia, invece, si poteva acquistare da tutte le parti a 50 lire al Kg. L’anno successivo il monopolio sul sale fu abolito e anche il resto d’Italia, Roma compresa, potè acquistarlo nei supermercati e negli alimentari. Mi son ricordato di questa piccola storia perché oggi è l’anniversario della marcia del sale organizzata dal 12 marzo al 5 aprile del 1930 in India ad opera di Mahatma Gandhi. In India vigeva un assoluto monopolio imperiale e la tassa sul sale era altissima. La marcia parti da Ahmedabad e giunse a Dandi: furono oltre trecento chilometri a piedi, con lo scopo di raccogliere una manciata di sale dalle saline sull’oceano indiano e rivendicando, con quel gesto, il possesso di una risorsa preziosissima per il popolo indiano. Sono passati 92 anni da quella marcia ed oggi siamo costretti a manifestare nelle piazze con la speranza di una manciata di pace. Dovremmo tutti portare una manciata di sale in tasca e consegnarlo ai potenti di turno. Ne hanno davvero bisogno.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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