Qualche anno fa scrissi questo racconto ambientato in diversi periodi della storia con l’intento di spiegare alcune dinamiche antropologiche e psicologiche che si celano dietro i comportamenti del moderno razzismo. Il racconto si intitola “la paura del rettile”, e porta un senso duplice. La parte del cervello primitiva, l’amigdala, è la sede delle paure registrate, per difesa, nel corso della lunga evoluzione. Esso è il cervello base, lo stesso che si ritrova nel rettile. Ma la paura del rettile può essere interpretata anche in senso opposto, la paura atavica, registrata nello stesso organo cerebrale, dei rettili. Ed è la stessa paura irrazionale sulla quale le classi dominanti fanno leva per scaricare sul diverso, sui più deboli, sui poveri che arrivano da lontano le responsabilità di una crisi economica provocata da loro stessi. Quando lo scrissi, nel 2014, in realtà non pensavo che saremo giunti a questo punto, a questo livello, davvero preoccupante, di psicosi generale, di “fatto sociale totale”, come usano dire gli studiosi per descrivere, con la teoria di Marcel Mauss, un fatto sociale che sostiene la struttura di una società. In questo caso, più che di fatto, si dovrebbe parlare di “antifatto”.
La Paura del rettile. I cacciatori rientravano a sera tarda, con carniere sempre più magro. La giovinetta si inoltrò, quel giorno, nel bosco in cerca di cibo. Il fratellino iniziava seriamente a soffrire la fame. Una strana angoscia la prese. Qualcosa era cambiato, qualcosa non andava, gli animali fuggivano, orme sconosciute nel terreno, rami spezzati. L’amigdala, il piccolo organo del cervello a forma di mandorla, incominciò a secernere l’ormone che provoca tensione, ansia, angoscia. D’un tratto, spostando un ramo, un’ombra, un movimento anomalo, la fece urlare e balzare all’indietro. Un enorme serpente stava appeso ad un ramo, pronto a ghermirla. L’amigdala inviò l’impulso per una scarica di adrenalina. Con una velocità di cui lei non si sapeva capace, afferrò un bastone e con un colpo secco, terrificante, tramortì l’animale. La giovinetta si rese conto di avere il fiato ansimante, il cuore che galoppava, i peli ritti, la bocca digrignante, e rivoli di urina che le bagnavano le cosce. L’amigdala, il piccolo cervello istintivo che risaliva al tempo dei rettili, aveva fatto tutto lei. Molto più veloce e reattiva della corteccia celebrale, con una scarica ormonale aveva prima fatto balzare all’indietro la giovane, salvandole la vita, e poi l’aveva predisposta alle due opzioni possibili: fuggire o combattere. I peli ritti e l’urlo per intimorire l’avversario; i muscoli tesi pronti alla lotta o alla fuga, l’apparato cardiocircolatorio acellerato; il corpo alleggerito dell’urina, per fuggire o agire più leggeri. Ma passato il pericolo la giovinetta ne scorse un altro. Un branco di umani sconosciuti, con costumi e pelle diversi dalla sua, veniva verso di lei. Era lo stesso branco che, da un po’ di tempo, forse in fuga da qualche altra guerra, o calamità naturale, si era impossessato della loro terra e la depredava della selvaggina e delle altre risorse. Dall’amigdala partì una scarica di adrenalina. Si girò e corse più forte che potette verso l’accampamento, per avvisare gli altri, senza sentire ne fatica ne dolore per i rami che andava spezzando con i piedi e col corpo. Maledetti, già ci stanno affamando, ora che vogliono.
La giovane studentessa rincasò. Girò la chiave della porta ed entrò, non prima di aver acceso la luce. Vide un un’ombra, un movimento anomalo che la fece urlare e balzare all’indietro. “Sciocco!” Urlo la ragazza al fratellino, che non smetteva di ridere. “Lo sai che i serpenti mi fanno la fobia! Momenti me la faccio addosso dalla paura!” “Ma è di plastica!” Rise il ragazzino. “Fanculo. Già non mi basta lo stress che ho! Il professore vuole quella relazione per dopodomani, e non so proprio come fare!” L’Amigdala, il cervello dei rettili, piccolo ma capace di memorizzare milioni di anni di storia evolutiva, iniziò a secernere l’ormone dell’ansia, dell’angoscia, della paura. E poi lo sai che mi vengono gli incubi! Accese il televisore, per rilassarsi un pochino prima di mettersi a studiare. Un barcone di immigrati, vestiti diversamente, e con una pelle di un altro colore, si approssimava alle coste italiane. “Già non c’è lavoro, in Italia, poi vengono questi qui. Ma che studio a fare.”.
Il soldato americano rientrò dall’Iraq che non era più lui. Il blindato incolonnato davanti al suo, con tutti i suoi amici, era saltato per aria, ed erano morti tutti. La notte non faceva altro che sognare animali feroci, luoghi alieni, gente minacciosa vestita diversamente e con la pelle di un altro colore. Dopo un periodo di alcool e di droga, fu ricoverato in una clinica psichiatrica. “Ha l’amigdala, la centralina della paura, completamente fusa. E’ partita!” disse il professore al medico. “Se bombardi continuamente di stimoli paurosi l’amigdala, si fonde, non risponde più, vede pericoli dappertutto e fa vivere l’organismo continuamente sotto stress, sotto la paura. L’amigdala ha memoria, ricorda le paure vissute e le fa rivivere, continuamente. Le paure si sovrappongono tra loro. Basta una similitudine e parte la scarica di ormone della paura”. “Si potrebbe intervenire chirurgicamente”, disse il medico. “Sei matto, la sperimentazione non è allo stato avanzato per un intervento di amigdalactomia”. “Però ci pensi, che soldati perfetti, senza ansia ne paura!” “Senza paura di morire.” “Senza paura di uccidere.” “Ma tu lo sai”, fece il professore, “che controllando l’amigdala delle persone si controllano le masse popolari? Si governa con la paura, lo sapevi? Meglio lasciarla dov’è”, disse il professore, con un sorriso di soddisfazione nel volto.
L’arruffapopolo arringava la folla. “Basta con questi immigrati, che ci portano via il lavoro! Che ci portano le malattie. Basta! Spendiamo un sacco di soldi nostri per loro! Ebrei, zingari, negri, mussulmani, immigrati, extracomunitari, basta! “ L’amigdala continuava a secernere la sua ansia, la sua angoscia, nel cervello degli astanti. Ma da milioni di anni si era abituata a combattere un nemico fisico, concreto: il freddo, la fame, il fuoco, gli animali feroci, i nemici. Improvvisamente, si ritrovava con nemici sconosciuti: la rata del mutuo che scade, il rendimento scolastico del figlio, la disoccupazione, giorni di attesa per una visita medica, il colesterolo alto. L’amigdala dell’uomo sapiens moderno ha un disperato bisogno, per non impazzire e secernere attacchi di panico a vuoto, di un nemico fisico. “Ebrei, zingari, negri, mussulmani, immigrati, extracomunitari, basta!” Un branco di umani sconosciuti, con costumi e pelle diversa dalla loro, si materializzò nella mente della folla. Milioni di anni, di storia evolutiva accumulata nel cervello primordiale, tutte le paure del diverso, dei branchi di umani nemici, delle guerre per le risorse, le lotte con la natura e con gli animali, tutto riemerse, tutto esplose nella mente delle persone come un vulcano inarrestabile. Finalmente l’amigdala ritrovò se stessa, e partì una scarica di adrenalina. La folla si preparò al combattimento. Maledetti bastardi, uccidiamoli, bruciamoli, il lanciafiamme ci vorrebbe! L’arruffapopolo scese dal palco, strinse un po’ di mani, e fece il conto dei voti che avrebbe preso. Con un sorriso di soddisfazione nel volto.
La ragazza studiò tanto, e fece una bella relazione per il professore, che la premiò con un bel voto e con una lode. Era una relazione sulla storia del Mediterraneo antico, sugli scambi culturali ed economici che resero il Mare Nostrum la culla della civiltà occidentale. Prese in mano il libro del prossimo esame, di sociologia: il potere dell’informazione, il controllo dei media sulle masse popolari. Poi accese il televisore per rilassarsi un po’. Un barcone con gli immigrati si avvicinava alle coste italiane. L’amigdala inizio a secernere l’ormone della paura, dell’ansia, dell’angoscia. Ma stavolta la corteccia cerebrale, il cervello evolutivo, filtrò quel segnale. Si scatenò un conflitto interiore. Milioni di anni di evoluzione animale e istintuale contro pochi migliaia di anni di evoluzione culturale. Lo stesso conflitto che provoca discussioni infinite nei social network, che sposta milioni di voti, che rende il problema immigrazione il più seguito e controverso, con le divisioni più accese e la violenza verbale più accentuata. Il problema dei problemi, anche più dell’occupazione, dell’inquinamento, della scuola, della sanità. La ragazza spense il televisore, dubbiosa. Prese un libro a casaccio dalla biblioteca del padre e si avviò a letto. Lesse per un po’ con grande interesse, fino a che non si addormentò. Che libro era? Non ha importanza. Ma quella notte fece bei sogni.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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