Ieri sono andato a Porto Cervo con il mezzo di locomozione più consono alle mie possibilità, la bicicletta. Accompagnavo un gruppo di olandesi che volevano vedere il villaggio Harrod’s del molo vecchio. Ho appoggiato la bici alle transenne e mi sono messo a guardare sui ponti di quei fantastici yacht allineati in banchina, mentre tre ragazze vestite da donne delle pulizie lucidavano un nuovo modello di Maserati in esposizione. Fino a qualche anno fa avrei saputo indicare, uno per uno, quali fossero i proprietari di quelle case galleggianti. Oggi non più. Ho riconosciuto solo il Lady Moura, lungo più di cento metri, che però stava alla Marina Nuova, dall’altra parte del golfo. La prima volta che entrò a Porto Cervo era una mattina del 1994, io ero al lavoro da quelle parti e fui testimone di quelle elefantiache manovre di ingresso. Non so a quante centinaia di milioni di euro si possa arrivare, sommando il valore di ciascuna di quelle barche. Ogni volta che passo da qui, da quando sono in grado di ragionare, penso sempre le stesse cose. Banalissime, demagogiche, scontate, ma siccome nessuno le dice più, io le ripeto. Ma se c’è chi è capace di tanto lusso, di un così prorompente sfarzo, non sarà che la ricchezza è soltanto distribuita iniquamente? Saranno anche banalità populiste quelle che ripeto, però i dati ufficiali ci dicono che in questo mondo si produce da mangiare, ogni giorno, quanto basterebbe per sfamare 8 miliardi di persone, eppure 1,2 miliardi di esseri umani non hanno abbastanza da mangiare. Ce ne sarebbe per tutti ma nei fatti non ce n’è per tutti. I dati ufficiali dell’Unicef ci dicono anche che ogni anno 2 miliardi di tonnellate di cibo finiscono nella spazzatura e che, per venire a noi, il 50 per cento della ricchezza italiana è nelle mani del 10 per cento della popolazione, mentre quattro milioni di italiani vivono sotto la soglia della povertà. Certo, da quando sono nato – e io qua in Gallura ci sono nato – mi ripetono anche che grazie a questi super ricchi lavorano anche i non ricchi. Vero, anche se questi poveri lavorano per paghe sempre più misere e per stagioni sempre più brevi. Ma io non ho paura della ricchezza, io ho paura della povertà. Lo so, dico cose banali. Ma non me ne vengono in mente di più importanti.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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