Siamo un paese senza.
Senza spirito, senza programmazione vera, senza certezze, senza voglia di impegnarsi seriamente, senza la forza di ricominciare con prospettive visionare. Siamo un paese senza giovani e senza idee innovative, siamo un paese senza ricordi o con troppi ricordi melensi non adatti alla ricostruzione. Siamo senza risposte, senza proposte, senza voglia di scommettere – davvero – sugli altri.
Siamo il paese del “domani faremo”. Lo sento da un anno: “domani cominceremo a ristrutturare gli ospedali, domani comincerà la grande campagna vaccinale, domani riusciremo a bloccare tutti i focolai del corona virus. Oppure, quando vogliamo programmare su tempi indefiniti e su orizzonti scivolosi cambiamo mirabilmente locuzione: “nei prossimi giorni”.Nei prossimi giorni ci sarà un nuovo contributo, si costruirà un rivoluzionario “asset”, analizzeremo il focus, restituiremo dignità, efficacia, efficienza, dipingeremo il paese con il colore della trasparenza.
Nei prossimi giorni.
Si chiamava, una volta, la politica degli annunci con l’aggiunta del “vorrei ma non posso” quando le promesse del domani con il sol dell’avvenire appariva troppo lontano e impossibile da raggiungere.
Quanto sarebbe bello che qualcuno si affacciasse alla finestra di questo paese e provasse a dire: “abbiamo portato avanti questo progetto con difficoltà, siamo riusciti solo a raggiungere una parte del nostro obiettivo e la colpa era della programmazione che noi abbiamo sbagliato. Siamo disponibili a rivedere le nostre idee ed accettare soluzioni alternative. Siamo anche disponibili a lasciare il posto ad altri”.
Ma siamo un paese senza. Senza speranza e senza ritegno. In tutti i sensi.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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