Scaffali semivuoti, merce di ogni tipo abbandonata per terra, senza una logica, gli sguardi spenti dei dipendenti, il peso della rassegnazione sulle persone e nelle cose. Ieri sono entrato per curiosità in un negozio che sta per chiudere, dentro un centro commerciale di Sassari. Curiosità dovuta al tanto affollamento, mai visto prima in quel salone. L’attività sta smantellando e perciò stanno liquidando tutto, così la gente si scagliava sugli espositori per accaparrarsi quanto resta, a prezzi stracciati. Cavallette fameliche. Io ero una di quelle. Ampie aree del punto vendita sono ormai completamente sguarnite, spogliate di tutto. E mi sembrava di vedere le scene di certi film americani che raccontano di apocalissi imminenti, in cui la gente prende d’assalto i centri commerciali, alla ricerca di quanto necessario per la sopravvivenza prima dell’esplosione o dello schianto definitivo.
Quel negozio appartiene ad una catena nazionale e nessuno avrebbe predetto mai, dieci anni fa, il suo fallimento. Ma tutto va troppo velocemente e rende il futuro sempre più scivoloso. Tutti vogliamo le stesse cose, tutti producono le stesse cose, ma ci sarà sempre qualcuno che le farà ad un prezzo più basso e saprà venderle meglio. Il mercato pervasivo avrà reso il mondo un posto migliore? Forse sì. Ma non ha cambiato i destini: c’è chi vince, c’è chi perde. Per un’attività che funziona, un’altra muore. Per ogni assunto, un altro perde il lavoro. Dicevo che tutto accade troppo velocemente e ci sfugge di mano. Mentre uscivo da quel negozio, abbattuto anch’io dalla mestizia generale ma in un via vai frenetico, mi è sovvenuto un racconto di mio padre. Primi anni cinquanta, lui più bambino che adolescente. Dalle campagne di Luogosanto, dove viveva, andò a piedi fino a Palau: gli avevano detto che un conoscente aveva un asino da vendere. Conclusa la trattativa, all’alba del giorno dopo si mise in sella (fornita di serie dal venditore) e se ne tornò allo stazzo, dove arrivò al tramonto. Chissà in quali pensieri impiegò il suo tempo, mio babbo, in quelle lunga giornata vissuta sul dorso dell’asinello. Non è passato un millennio, sono passati pochi decenni. Ma è cambiato tutto. Viviamo un’epoca unica, in cui i raffronti col passato sembrano davvero poca cosa. Tutto scorre troppo velocemente, perché lo si possa capire fino in fondo.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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