Già lo so che Babbo Natale non esiste. Figuriamoci in carcere, che quando eravamo a San Sebastiano almeno si sentiva l’odore. A Bancali manco quello. Però, il giudice se la poteva mettere quella mano sulla coscienza e mandarmene a casa da Lisetta e dai miei figli che – uno soprattutto – adesso dirà che babbo natale è una balla perché gli aveva promesso che il babbo tornava a casa per le feste. Già lo so che ho combinato casini con la droga e con lo spaccio e già lo so che se vi dico che non ho ammazzato nessuno non ve ne frega niente ma, giuro, passare il natale in galera non è il massimo della vita. A parte che molti pensano di essere toghi e chiedono di mangiare in una cella in tanti, a tipo pranzo di Natale, che diventa una cosa più triste degli altri giorni perché poi, alla fine ci pensi a tua moglie, ai figli, a tua mamma e tuo babbo che avevi mandato affanculo tante volte e aveva ragione lui. Però, a me, questa storia del pranzo in galera non mi piace per niente. Come non mi piace la messa con quelle parole che il prete ci dice per farci capire che siamo sfigati ma che c’è gente più sfigata di me, tipo quelli che gli è morto il figlio di incidente. Io, queste gare a chi è più sfigato non le ho mai capite e anche Prezzolino, il mio compagno di cella, si è fissato su questa cosa: che siamo fortunati perché dobbiamo fare solo tre anni di galera. Vaffanculo Prezzolì, tu e il panettone di plastica che hai comprato. Nel senso che in questa grande “fortuna” non abbiamo neppure i soldi per comprare un panettone dentro la scatola. Già lo so che voi siete impegnati a parlare con i parenti, ad aprire i regali e a pensare al pranzo. Qui, dopo la messa, si ritorna in cella, gli auguri a tutta la sezione perché adesso, rispetto a San Sebastiano le celle si chiamano camere e sono aperte per molte ore, così possiamo andare a visitare gli amici che sembrava brutto dire “vado in cella” e quindi adesso diciamo “vado in camera di rattoppino” e non è cambiato nulla però fa più figo e quel corridoio sembra essere via Frattina a Roma, senza luci, senza regali e soprattutto senza donne. Perché giratela come volete ma provate a passare un natale a tavola con soli uomini e tutti avanzi di galera. Si parlerà solo ed esclusivamente della sfiga e della figa. Insomma, il nostro è un natale triste. Mi è stato chiesto di fare gli auguri attraverso internet che noi comunque non vediamo. E cosa vi devo dire? A stare felici con le vostre moglie e i vostri figli? A stare attenti agli avvocati che vi fregano i soldi e non fanno nulla per il vostro permesso? A dire che due grammi di droga non è spaccio spaccio ma tanto il giudice non ti crede, a dire a tua moglie “mì che non lo faccio più” come quei bambini che promettono di fare da bravi il giorno prima di Natale? A ve la dico una cosa? Io gli auguri ve li faccio, da me e da tutti i detenuti di Bancali, della Sardegna e d’Italia però, se permettete, io alla cosa di festeggiare molto non sono d’accordo. Quindi niente panettone di plastica e cazzate da raccontare. Ho deciso che scriverò una lettera a mio figlio dove dirò che Babbo Natale esiste e ha deciso di fare una magia, una magia grandissima: mamma l’ha lasciata a casa con lui e Babbo, invece, è in giro per il mondo a cercare il più bel regalo per lui e fra una settimana ritornerà a Bancali. Già lo so che babbo natale non esiste ma non è bello raccontarlo ai nostri figli. Poi, a dire il vero, è bello anche poter dire Buon Natale anche in galera, anche se l’aria è un po’ più triste e il panettone di plastica non è il massimo. D’altronde al casino dei centri commerciali contrapponiamo la tranquillità di questa sezione e, a parte la libertà, non c’è poi molta differenza. Buon natale a tutti e abbracciateveli i vostri figli, che è quello il regalo più bello: parlare e sentirsi vicino. Quello che qui, in galera, proprio non c’è.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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