Le condanne sono la risposta giuridica alla commissione dei reati e, anche se lasciano poco spazio ai discorsi, sono comunque macigni che un uomo, qualsiasi uomo, si trova davanti nella strada della vita e ne modificano, irrimediabilmente, il suo personale percorso. Per un politico poi, la condanna è – o dovrebbe essere – il momento finale, definitivo, il distacco dalla vita pubblica, l’uscita di scena dalla porticina laterale del palco, a luci soffuse. Così, dopo le luci abbaglianti accese su Carlo Sanjust e Onorio Petrini – con tanto di custodia cautelare in carcere per il primo – il Gup ne ha deciso la condanna, giunta a seguito della scelta da parte degli imputati del rito abbreviato (in buona sostanza si arriva davanti al giudice con le prove acquisite, si cristallizza tutto senza ulteriori indagini e si giunge a sentenza che può essere, comunque, appellata) e ha decretato per Sanjust tre anni di reclusione mentre due anni e quattro mesi sono stati inflitti a Petrini. Entrambi sicuramente appelleranno e giungeranno anche al terzo grado. Poi, quella sentenza diverrà irrimediabilmente definitiva. Sono passaggi che ormai abbiamo imparato tutti a conoscere, come sappiamo che le persone sono innocenti sino a giungere al terzo grado. Sanjust, lo ricordiamo in base alle prove acquisite, pare abbia utilizzato dei soldi pubblici per pagarsi il suo matrimonio (si parla di circa 24.000 euro che, a ben pensarci, non sono neppure tanti ma, sinceramente, neppure pochi) e ha offerto dei soldi per dei convegni mai effettuati. Mi colpisce, come sempre, la battaglia processuale degli avvocati che tentano di minimizzare e comunque hanno richiesto, per mestiere, l’assoluzione dell’imputato. Io mi chiedo, semplicemente (e al di la di ogni ragionevole dubbio che ci porterà sino alla cassazione) come ha fatto un consigliere regionale a pensare che con i soldi dei cittadini si poteva pagare il suo matrimonio. Perché questo è fondamentalmente il punto (Sanjust, è bene ricordarlo, ha restituito la metà della somma contestata, proprio quella del matrimonio) ed è fondamentale soprattutto per un politico, per uno votato dal popolo per fare gli interessi del popolo. Questo concetto, di una semplicità disarmante, è come un patto tra gentiluomini: se il patto si rompe diventa chiaro che il rappresentante del partito sarà insultato e con lui tutta la politica. Valeva davvero la pena utilizzare i soldi di altri per pagarsi un matrimonio? Possibile che una persona accorta come Sanjust non avesse compreso la gravità del gesto? Non stava commettendo solo un reato ma anche un imperdonabile errore politico. E’ stata arroganza, tracotanza, sicurezza di impunità? Oppure valeva, come sempre, quel vecchio detto del “facevano tutti così?” Ecco, dietro questa notizia di condanna c’è quella che riguarda il grandissimo flop legato alla raccolta del 2 per mille che gli italiani potevano decidere di destinare ad un partito politico. Una sconfitta davvero entusiasmante per il populismo imperante: appena 16.518 contribuenti su 41 milioni di italiani ha deciso di sovvenzionare i partiti. Si, avete capito bene: meno della metà degli elettori di una cittadina come Alghero. Praticamente neppure i deputati, i loro familiari, amici e parenti son riusciti a mettere una crocetta sul proprio partito. Voi pensate che le due notizie non possano miscelarsi molto bene? Ecco il danno che hanno prodotto questi signori: hanno distrutto la politica. Di questo si dovrebbe cominciare a discutere perché poi le condanne passano e vengono anche scontate, ma se non pensiamo a come ritornare all’etica e alla morale ci sarà sempre un qualcuno disposto a barattare il suo matrimonio per quello che lui chiama politica ed è invece, semplicemente, prosaicamente e terribilmente gestione del potere.
Giampaolo Cassitta
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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