C’è ancora qualche sacco a pelo, qua è la, qualche cartone, la mattina per terra. Pochi. La maggior parte sono già in piedi. Forse sgombrati, forse insonni. Già vagano. Ore 7.45. Milano. Stazione Centrale. Ho il treno tra 15 minuti, ma mi fermo sul gradino mentre la scala mobile viene su dalla metro. Mi fermo per guardare meglio, mentre la scala sale. Lo so, sarebbe normale stare fermo sul gradino della scala mobile, ma a Milano no. A Milano la scala è due volte mobile, lei va e tu ci cammini sopra. A Milano vai di fretta, anche se non ne hai. A destra della scala, fermi sul gradino, stanno i turisti o quelli “di passaggio”, con lo sguardo perso, osservano il ritmo urbano già sveglio a quest’ora, che poi va avanti, fino all’happy hour. Poi la città si cheterà davanti a uno Spritz. Intanto salgo e qualcuno lo vedo. Che esce dagli “acquari” dei negozi di plexiglas della stupenda Galleria delle Carrozze (si, quelle coi cavalli, eleganti, che una volta portavano qui i viaggiatori). Acquari nati in quest’anno di Expo, per risplendere di commercio e per la circostanza adibiti a ricovero notturno. Qualcuno lo vedo, abiti colorati, colori mischiati insieme, come solo l’Africa sa fare, tavolozze umane vaganti, ferme sulla riva del piazzale, alle spalle il monumento littorio della stazione, quasi una montagna insormontabile che nasconde i binari, di fronte la città che si apre lungo la “Prospettiva Nevskij” di Via Vittor Pisani, una città che a loro non interessa, loro sono qui per andare. Già, andare. Quando decidi di andare c’è sempre un motivo. Qualcosa da cui scappi, a volte qualcosa che cerchi. A volte tutte e due. A volte niente di tutto questo. Niente da lasciare, niente da cercare, niente da perdere. Solo da portare altrove te stesso e l’involucro dentro il quale vivi. Qualcuno si sarà messo in strada di notte, nella polvere, i piedi pesanti, per non vedere la strada alle spalle e per immaginare soltanto quella davanti. Senza pensare a un confine. Mi viene in mente una strofa di una canzone di Guccini, “Amerigo”, parlava della partenza dello zio migrante per le Americhe. “Probabilmente uscì, chiudendo dietro se la porta verde; qualcuno si era alzato a preparargli in fretta un caffè, d’orzo”. Qui forse non ci sono state porte verdi chiuse alle spalle, e nemmeno caffè. Forse nemmeno nessuno ad alzarsi in fretta per salutare. Solo la strada davanti, forse sabbia e mare. Forse, se ci fosse stata una porta verde, un caffè d’orzo, non sarebbero qui, sarebbe bastato per restare. Chissà se qualcuno è partito, col quel piede che avanzava nella polvere, con in mente solo l’idea di stuprare la donna dell’uomo bianco, di entrare a rubare nella sua casa, di vendere droga ai suoi figli, di dormire abusivamente nel suo giardino. Chissa’, magari può essere. Forse è così. O forse qualcuno è partito con in mente il sogno di un mondo senza confini, dove trovare un lembo di terra per sedersi, lavorare, sudare, sognare, piangere o ridere. Dove costruire la sua “porta verde”. Con gli altri, insieme agli altri. Lo stesso mondo che hanno sognato gli “zii d’America”, forse lo stesso mondo che abbiamo sognato noi, quando abbiamo creduto in questa Europa, quando abbiamo provato a mischiare i colori delle bandiere , come sanno fare in Africa. Invece abbiamo partorito altri muri, scogli sui quali perdersi a guardare il mare, un mare che anziché essere strada diventa confine. “Furat chie benit dae su mare”, dicevano i nostri vecchi. (“Ruba chi viene dal mare”, traduco per i non Sardi). Forse è così. O forse allora eravamo troppo isola per credere che il mare potesse unire e non dividere. Prendo il mio treno, con un pensiero dentro. L’Europa oggi non c’è, torniamo ad essere isola, siamo un po più piccoli, più piccoli dei nostri sogni. Il mio treno va, ma oggi il suo rumore sembra il rumore del mare, che si ferma sugli scogli. Buon viaggio, a noi che abbiamo una “porta verde” alla quale tornare, buon viaggio a chi ha in tasca solo il sogno di costruirla.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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