Il mio amico ha uno dei suoi due figli, il più piccolo, pesantemente affetto da favismo tanto che, se per caso capita a soli due o tre metri da un mazzo o pianta di fave, comincia a sgonfiarsi come un palloncino, perdendo piano piano le forze e diventando sempre più debole e pallido.
L’aria di campagna, fave escluse, fa bene a tutti, ed in campagna infatti cerca sempre case in affitto, questo mio amico, e le trova.
Da giorni vedevano il bambino strano, sempre più svogliato e sempre meno attivo sul campo di calcio dove pare essere un futuro campione, sino a che sua moglie non nota, affacciandosi dal balcone della camera dove il piccolo dorme, a soli 10 metri dall’adiacente confine, un campo di fave di circa due ettari che il contadino, proprietario di quelli e di altri 6 ettari attigui, ha piantato. Un anziano signore che non abita lì, ma viaggia ogni giorno dal paese perché non ha mia pensato di costruirci una casa, la campagna ha infatti un solo capannone che funge da fienile, officina, deposito e riparo per quando piove, più due casette in lamiera dove stanno gli attrezzi, le macchine e gli utensili agricoli, 200 mq in tutto.
Quel pomeriggio il mio amico lo attende, ne conosce le abitudini e sa che a quell’ora di sicuro riuscirà a vederlo nei dintorni, il contadino, attraverso la rete metallica che divide la costruzione dal campo di fave. Il contadino infatti arriva, puntuale, ma non appena il mio amico gli fa presente il problema, questi abbassa lo sguardo verso terra, poi guarda il campo di fave, si gira, e gli risponde “se ve ne foste restati in città, non avreste avuto questi problemi!”
La zona è pianeggiante, il mare è a un chilometro, una pianura che sin da piccolo ricordo sempre verde anche nelle estati più calde e che ho visto, negli anni, man mano pullulare sempre più di costruzioni e sempre meno di angurie o meloni, lattughe o ravanelli.
La storia poi è finita nel peggiore dei modi, denuncia, ingiunzioni e diffide legali, forze dell’ordine e sentenze che hanno fatto eliminare buona parte di quel coltivato, con le relative ed ulteriori perdite per il contadino.
Niente da eccepire, la legge parla chiaro, 300 metri dall’abitato, ma se l’abitato è abusivo? Se quell’inquilino e quella casa non dovrebbero essere lì, ad ostacolare il lavoro e la possibilità di campare di chi contadino lo è, ed invece ci sono?
Quel contadino, conoscendolo poi meglio, non è una persona cattiva e non odia i bambini, ma solo un uomo che alla terra ha dedicato tutta una vita e si vede oggi oppresso da un cemento sparso senza criterio e senza controllo, impossibilitato dal fare girare le sue colture sul suo terreno e di dovere sottostare alle assurde regole condominiali persino in campagna; e non può bruciare sterpi perché c’è la biancheria stesa, non può coltivare al mattino presto perché il trattore è rumoroso, non può reclamare o dire nulla se mentre fatica si deve sopportare le urla di litigi e giochi fra genitori e cani che abbaiano, per il via vai di macchine su strade sterrate che ad ogni pioggia si perforano di buche, per l’inquinamento che pozzi neri e fosse settiche creano nelle falde, perché se hai una casa usi detergenti, saponi, solventi e veleni, quando non oli esausti, e si sa poi dove in molti smaltiscono. Luciano è un uomo disperato che, da anni mi dice, sopporta l’arroganza e la prepotenza dei suoi compaesani muratori, che quando costruivano quelle case, abusivamente, lo schernivano pure – “e quanto ne cavi da una giornata con la zappa, che io me li faccio in un’ora quei soldi?” e lui zitto, non si permise mai nemmeno di chiamare i vigili, ed alla fine si è trovato circondato di case, senza avere più la possibilità di piantare le fave, prodotto che gli cresceva ottimo e gli garantiva un giusto ricavo, se non in soli duecento metri quadri di terra che costituiscono ormai l’unica parte del suo terreno “a distanza di legge” dall’abitato.
Un uomo che ha raccolto il sapere antico della Terra attraverso tutte le sue generazioni precedenti di contadini, che mai e poi avrebbero pensato che la campagna potesse essere fatta per le case: “solo i “borghesotti” la pensavano così, ma loro potevano permetterseli la servitù in casa e i braccianti nel campo. Se avessi detto alla mia povera moglie che costruivo un’altra casa qua, in campagna, mi avrebbe prima dato un colpo di matterello in testa per farmi rinsavire, poi mi avrebbe consigliato di cercarmi una tzeracca che fosse anche buona a letto, perché a casa in paese non mi ci avrebbe più fatto mettere piede, stessa ragione per la quale non mi parlo con due dei miei quattro figli, che volevano costruissi quattro case, che dividessi il terreno in quattro per poi vendere tutto, ma io non mi ci vedo a consumarmi chiuso in casa, manco morto!”.
Antiche “forma mentis” per un valore, quello della terra, che il tempo non cambierà, per quanto ci si sforzi di portare la modernità e la scienza, la tecnologia e l’industria, ma avere cura di una pianta, conoscere il momento ed il clima adatti per fare le cose in campagna o la presenza, costante ed attenta dell’uomo, nessuno mai potrà sostituirle con un robot o con una macchina, sarà anche per questo che molti giovani, oggi, ritornano alla campagna così come sino a ieri ne fuggivano. Giovani che necessitano del nostro aiuto, della nostra consapevolezza che se vogliamo una economia locale forte dobbiamo farci forza fra noi, perché sta a noi, ora e sempre, far si che il loro lavoro non lo si valuti confrontandolo con i prezzi imposti da chi, una zappa o una vanga in mano, non le ha mai tenute e di come vadano curate dal seme alla pianta le colture non gliene frega nulla, ma vede solo l’utile da ricavarne e pretende frutta e verdure tutte uguali. Senza macchia e talmente belle da invogliare a comprarle anche se, di sapore e di qualità, fanno sostanzialmente schifo. Sta a noi non limitarne l’opera costruendogli a fianco, ma facendo si che nascano sui terreni sempre più aziende e sempre meno case, ché il timballo di malta e foratini da ingoiare non piace nemmeno a chi lo impasta, e mai ne mangeremo.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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