Circola una foto di Francesco Pigliaru sul bus. E’ stata presa, evidentemente a insaputa del presidente della Regione Sardegna, da una lettrice di Sardiniapost. La redazione la pubblica saggiamente senza troppa enfasi, confinandola nell’angolino di una sua giusta notazione di costume il cui senso è questo: è chiaro che si vuole alludere alla faccenda del presidente della Camera Fico, ma la differenza è che Pigliaru viaggia abitualmente sui mezzi pubblici. Ora io vorrei osservare che ciò che è apprezzabile in Pigliaru non è tanto la scelta del mezzo pubblico, ché ciascuno è libero di spostarsi come vuole purché le sue scelte non incidano più di tanto sulle mie tasse, quanto il fatto che quando ha visto la foto che lo ritrae assorto allo schermo del suo cellulare seduto in un bus semivuoto, secondo me si è seccato notevolmente. Penso che se si fosse accorto che la passeggera lo fotografava, la avrebbe avvicinata pregandola di non fare uso pubblico di quella foto. Ed è per questo suo carattere schivo e onesto che Pigliaru mi piace sul piano personale. Sul piano politico è un altro paio di maniche. Non voglio dire che sotto questo aspetto il mio giudizio sia opposto, ma senz’altro è più complesso. A esempio, a proposito delle polemiche sul ddl urbanistica penso che chi chiede consistenti modifiche abbia tutte le ragioni. E non essere d’accordo, come non lo sono, con il presidente della Regione su una scelta fondamentale per il futuro della Sardegna, implica un giudizio non totalizzante ma importante sul suo operato politico. E se Pigliaru appoggiasse una riforma urbanistica con la quale io fossi totalmente d’accordo ma si recasse al lavoro in Porsche Macan chiedendone il rimborso all’amministrazione regionale, come la penserei? Sarebbe semplice rispondere che sul piano razionale sarei contento in quanto sardo convinto che l’occupazione delle coste e in generale del suolo è ormai arrivata a un limite invalicabile salvo gravi e irreversibili danni, ma che un Pigliaru in una Porsche mantenuta dal denaro pubblico mi sarebbe personalmente meno simpatico di quanto mi sia adesso. Ma non è così facile. Io, pur essendo appena appena meno colto e intelligente di Benedetto Croce (l’ “appena appena” è autoironico, meglio specificarlo perché ormai la gente ti prende alla lettera), non sono d’accordo con il filosofo quando dà degli irrimediabili imbecilli a quelli che nella politica cercano solo onestà. Dice in sostanza che è come cercare solo onestà nel medico che ti sta per operare. Esemplifico: positivo il fatto che il sanitario approfittando del fatto che tu sei sotto anestesia non ti fotta il portafoglio, ma, insomma, la cosa essenziale è che abbia la capacità di aprirti la pancia e di richiudertela rimandandoti a casa in condizioni migliori di prima. Questo, con diverse e più alte parole, sostiene Croce. Ma negli anni dopo di lui si è aggiunto un altro importante fattore connesso al ruolo pedagogico della politica e delle classi dirigenti in genere. E cioè il politico sfacciatamente farabutto. Non è che sia roba del tutto nuova. Anche ai tempi di Croce negli ambienti politici si rubava come a Chicago quando c’era Al Capone. E Antonio Gramsci, contemporaneo di Croce, è stato un immenso teorizzatore della funzione pedagogica della politica. Ma è indubbio che la cosiddetta questione morale negli ultimi cinquant’anni ha avuto un peso tale da rendere inscindibile il giudizio morale da quello sulla capacità politica. Prendiamo Bettino Craxi, a esempio. Io non so se nel mio povero giudizio su di lui pesino più i carabinieri armati che nel 1985 circondarono i soldati americani nella base di Sigonella, uno dei più splendidi esempi di dignità nella politica estera italiana, o l’immagine umiliante di un ex presidente del consiglio che per sfuggire all’arresto, colpevole o innocente che possa essere, si riduce a un volontario esilio. Insomma, Fico che si fa fotografare sul bus valuta l’importanza di questo aspetto e gioca sulla diffusa identificazione tra onestà ostentata e capacità politica, cosa che a ben vedere trovo riduttiva e disdicevole proprio sul piano della pedagogia delle politica, anche se al momento ben pochi se ne accorgono. Pigliaru che viaggia in bus per i fatti suoi e si viene a sapere senza che lui lo voglia soltanto grazie al sobrio commento di Sardiniapost, mi fa pensare che se un giorno mi capitasse di prendere un aperitivo in sua compagnia la cosa mi farebbe infinitamente più piacere che farlo insieme a Fico. Ma questo non toglie che sul suo ddl, che è più importante di un Campari, io non sia d’accordo.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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