Non è proprio nostalgia, anzi, è sicuramente qualcosa di diverso. Mica ho nostalgia di Stalin o di Breznev. Bah! No, no, c’entra proprio la musica, secondo me. Si perché quando ascolto l’ex inno sovietico, che ora è l’inno della Russia, qualcosa dentro se ne accorge e si muove. Sarà che dentro gli esseri umani si formano delle associazioni potenti e sfrenate tra idee e stimoli, tra situazioni e ricordi. E sarà che queste associazioni funzionano come un richiamo, anche dopo decenni e a prescindere dalla strada fatta nel frattempo, dall’acqua che è piovuta, dalle cazzate in cui hai creduto. Sarà che le cose belle pensate negli anni d’oro, anche con una preparazione politica approssimativa fatta con qualche libro, qualche canzone, qualche film e qualche corteo, restano lì come una luce accesa. Sarà che –sempre per quel gioco alchemico delle associazioni che non controlli- se da qualche parte ti è rimasta una domanda di giustizia sociale, una speranza di annullare un po’ di disperazione, basta una fiammata e ti torna tutto fuori… ma tutto cosa? Tutto quel sogno. Ovviamente. Tutta quella fame di lotte e sorrisi. Tutta quella vita che era, prima, sentirsi di sinistra. Tutto.
Ora è un po’ diverso. Ora c’è più benessere e più sconcerto. Che poi, il benessere c’era anche negli anni ’80, e anzi forse ce n’era di più (all’epoca dei film, delle canzoni ecc). Ma al posto dello sconcerto c’era la certezza che tutto era possibile. Ma tutto cosa? Tutto quello che sembrava fatto per la vita: libertà, giustizia, uguaglianza. Forse lo sconcerto di oggi è il figlio orfano di quella certezza di ieri. E però, quando ascolto l’inno sovietico cantato dal coro dell’Armata Rossa, qualcosa dentro si muove. Sarà pure che per certe cose i comunisti erano maniacali, come nell’atletica, come negli scacchi, e se decidevano che il loro inno doveva essere un coro, si poteva star tranquilli che su quel coro ci sarebbe stato poco da ridire. Ecco allora che vi consiglio di ascoltarvelo, questo coro. O di riascoltarvelo, dopo qualche anno. Sono sicuro che qualcosa si muoverà, perché tutto è ancora collegato.
Tutto cosa?
Tutto.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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