Da non so più quanti anni sento parlare di destagionalizzazione del turismo.
Ora, ci sono cose per le quali non c’è bisogno d’essere accademici per capirle. Una di queste è che, le coste della Sardegna sono il bene primario dell’industria turistica locale. Acque cristalline e spiagge che sembrano distese di borotalco, incorniciate da macchia mediterranea cresciuta prepotente su rocce di calcare lavorate da fantasiosi venti millenari. Mica male, no?
Questa è la cartolina di quello che definirei “un bene materiale”, nel senso di oggettivamente visibile e fruibile per il quale non servono grandi presentazioni. Le coste della Sardegna, sono così, in tutta la loro evidente bellezza, soprattutto quando le giornate si snodano lente e la pelle profuma di sole.
Ma la Sardegna è tanto altro e anche questo si sa bene, visto che si passa gran parte del tempo a far vanto, talvolta oltrepassando il limite della ragionevolezza. Il formaggio sardo? Il più buono! Il pane? Ogni boccone di quello sardo racconta millenni di storia. Il vino? Beh, che c’è da dire? Il migliore! E le donne? Ma volete mettere la bellezza delle donne sarde? Belle come noi, nessuna al mondo.
Ma non si esagera quando si afferma che questa è una terra arcaica e misteriosa che recupera dal solco delle memorie le eredità delle molte genti che arrivarono portandosi dietro divinità, fede, magia.
Oltre la costa conserva un fascino che va oltre ogni possibile immaginazione. Ad accrescere il suo appeal un patrimonio inesauribile di tradizioni e feste. I Carnevali in Sardegna, rinnovano un’autenticità culturale unica, le Settimane Sante, dense di fede e suggestioni medioevali, Sant’Efisio, il novenario di San Francesco di Lula a maggio e ad ottobre, San Simplicio ad Olbia, la Cavalcata Sarda e la discesa dei Candelieri a Sassari, S’Ardia di Sedilo, la Festa del Redentore a Nuoro, la regata de Is Fassonis a Santa Giusta, la corsa degli Scalzi a Cabras e solo per citare le più famose.
Ed è in questo inestimabile patrimonio dell’identità che collocherei quelli che definisco “i beni immateriali” funzionali a quella destagionalizzazione tanto parlata, sognata, auspicata. Questa Sardegna dove il tempo si è fermato sarebbe tutto sommato un prodotto di facile “commercializzazione”, eppure non ci riusciamo.
Penso al Brasile, che ha fatto del suo scintillante carnevale un brand riconoscibile in qualsiasi parte del globo o Loy Krathong in Thailandia piuttosto che gli Highlands Games in Scozia. All’Holi Festival in India ci vorremmo andare tutti, così come alla Burning Man nel deserto del Nevada magari passando per il Voodoo Festival del Benin. Penso ai carnevali italianissimi di Venezia e Viareggio che richiamano frotte di turisti da ogni dove, così come il palio di Siena per restare in Italia.
La formula vincente in Sardegna è la straordinaria varietà di feste prevalentemente di matrice religiosa che stupiscono, affascinano, sorprendono e a volte possono far addirittura spaventare.
La Sardegna è un’Esperienza.
Un patrimonio dell’identità che avrebbe successo se non fossimo egoisti, presuntuosi e forse un po’ in malafede. Perche per destagionalizzare non basta pensare che sarebbe bello, bisognerebbe iniziare a provarci. Soprattutto in periodo di crisi nera e soprattutto in una terra che se vuole andare avanti, deve “rimboccarsi” le maniche e ricordarsi che “chi fa da se, fa per tre”. E allora, di tutto questo “ben di sardi “ cosa ne vogliamo fare?
I dati diffusi dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (UNWTO Barometer, December 2014) dicono che il comparto turistico ha vissuto nel 2013 un ulteriore rafforzamento rispetto all’anno precedente. L’industria turistica non solo non risente della crisi dunque, ma sembra approfittarne modificando l’idea della vacanza: non più dove andare ma cosa fare.
Una vacanza in Sardegna può essere un percorso tra “beni immateriali” – tradizioni autoctone, identità culturale, miti e leggende – e “beni materiali” – enogastronomia, natura selvaggia, paesaggi mozzafiato tra cielo e terra, archeologia e una storia ancora tutta da raccontare – in grado di soddisfare quell’idea di vacanza slow tanto cara ai nuovi viaggiatori.
L’economista Jeremy Rifkin rispetto ai trend di viaggio si esprime in questi termini: «espressione più potente e visibile della nuova economia dell’esperienza» destinata a diventare «rapidamente una delle più importanti industrie del mondo».
Sembrerebbe che il mercato turistico sia finalmente pronto a rispondere a quell’idea di vacanza che desideriamo proporre da sempre. Non più solo sole e mare rinchiusi in qualche località turistica deturpata da mostri di cemento, ma tutto quello che questa terra generosa, esageratamente generosa dona. Spostiamo il viaggiatore a scoprire l’identità, le radici profonde e rientrerà a casa ricco di scoperte.
Non ci si può affidare, purtroppo, solo alle risorse avute in “dotazione” e la politica dovrebbe prendere seriamente in considerazione il turismo intelligente come opzione di sviluppo economico.
C’è da sempre una cronica assenza di strategie congiunte. A fare la fortuna di una località non sono soltanto le scelte politiche delle istituzioni preposte ad occuparsi di turismo, ma un particolare mix di elementi che hanno a che fare con la continuità territoriale, i trasporti e i trasporti interni, la viabilità nel territorio, le attività produttive, l’accoglienza, il commercio. Oltre chiaramente ad una cultura dell’ospitalità che latita nonostante ci si riempia la bocca della “proverbiale ospitalità” dei sardi. Perché quella è un’altra cosa: è il nostro carattere, quello che ci fa prendere il turista sotto braccio se ci chiede un’informazione e accompagnarlo con i nostri piedi li dove si deve recare, o invitarlo a prendere “unu ziccheddu” al bar.
Insomma abbiamo tutte le carte in regola per godere di ciò che abbiamo in dote, ma è come se tutto ci fosse dovuto perché d’altra parte la Sardegna è la Sardegna. E tutti dovrebbero farselo bastare.
Giornalista, editorialista, opinionista, turista, altrimenti non si spiega come possa collaborare da sempre con gruppi editoriali, festival letterari, teatri, istituzioni. A tempo perso ha imparato a fare l’ufficio stampa, la blogger, l’insegnante, la PR, l’organizzatrice, il mestolo di una grande pignatta in cui sobbollono tendenze di comunicazione, arte, moda, politica e antipolitica. Questa scrive, forse bene ma non di tutto, ed entra a far parte della redazione di SARDEGNAblogger perché se la sa tirare.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design