Vari siti d’informazione hanno liquidato come “gaffe” l’auspicio di Salvini di poter rinnovare “l’asse Roma-Berlino”. Gaffe, cioè infortunio. Cioè uno scivolone che presupporrebbe ignoranza e inconsapevolezza, l’uscita sprovveduta di un uomo che non conosce la storia e non sa calibrare le parole (ma al suo elettorato piace proprio per la semplicità del suo pensiero elementare e genuino). Io penso che non sia affatto così. Salvini non è per niente uno sprovveduto e credo sappia benissimo cosa sia stato e quali scenari abbia aperto, ottant’anni fa, l’asse Roma-Berlino. E anche se non lo sapesse, il ministro ha un ufficio di propaganda attorno capace di pensare per lui, scongiurando possibili errori. Secondo me Salvini aveva ben chiara la pesante entità delle parole che stava dicendo e quali reazioni la sua frase avrebbe provocato. Ma anche questo fa parte della sua perenne propaganda. Salvini, in ciò che dice e persino in ciò che veste, allude e strizza l’occhio a quella parte d’Italia che si considera ancora orgogliosamente fascista o ha appena scoperto di esserlo. Salvini, dichiarazione dopo dichiarazione, sta realizzando una forma spontanea di revisionismo storico, riabilitando segni e simboli del fascismo dai cui tutti si tenevano lontani, anche quelli di destra. Vuol capire dove può arrivare, quanto ancora gli ci vorrà per polverizzare l’ultimo diaframma di indignazione. Una volta che lo avrà abbattuto, potrà accadere di tutto.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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