Stanotte ne sono naufragati altri settecento, che forse sono mille. Erano su un peschereccio partito dalle coste libiche. Pare si sia ribaltato. I pescherecci sono imbarcazioni “marine” per eccellenza. Devono poter navigare con ogni tempo e sono quanto di più adatto alla vita di mare esista. Se un peschereccio si ribalta per il carico, significa che siamo di fronte a una cosa fuori da ogni sensatezza. Una cosa che solo in un incubo o all’inferno. Oppure nel Mediterraneo, il mare che questa Europa non si merita.
Ormai quello che cambia è solo il numero. Le storie in fondo sono simili, e anche se sono diverse non interessa a nessuno. La provenienza, anche quella, conta poco. Non fa notizia sapere che i senegalesi erano più dei ghanesi o dei siriani. Che siano cristiani o islamici ce ne accorgiamo solo se qualcuno muore, qualcun altro lo butta in pasto in mezzo agli squali, qualcun altro infine lo scrive e ci fa il titolo. Vuoi mettere?
A volte si dà un po’ di importanza ai dettagli, come l’arresto dello scafista, un parto in alto mare, i no di Malta.
Il porto di partenza conta nella misura in cui qualcuno si mette alla ricerca di scorciatoie: poco fa Casini (no dico, Casini) ha detto che siccome la Libia non ha un governo, occorre attuare un blocco navale. Il che sarebbe coerente col nome dell’operazione o dell’Agenzia che la cura: FRONTEX. Qualche mese fa mi è scappato un lapsus. Dovevo comprare un antipulci per i miei gatti e ho detto che ci sarebbe voluto il FRONTEX, che è un buon prodotto. In realtà l’antipulci si chiama FRONTLINE, linea di confine, linea del fronte. E noi europei abbiamo varato uno strumento che è intriso dell’idea di “confine, dell’idea di “fronte”, e probabilmente, anche dell’idea di “parassita”: FRONTEX.
Io non so cosa dire, onestamente, pensando al mio mare che ingoia cadaveri e disperazione ogni volta che si alza il vento.
So solo che non sento quelle persone come dei parassiti. Cristo. Sono Famiglie. FAMIGLIE TRADIZIONALI, come quelle che piacciono alla Lega e Casini. Sono mamme, alcune con un figlio dentro il ventre, che sopportano una delle vicende più bestiali che possano capitare a un essere umano. Sono OPERAI e STUDENTI, gente che aveva un lavoro, o lo stava cercando. Persone che volevano farsi una CASA e mandare i figli a SCUOLA. Persone che avevano, come noi, una sola vita, e hanno provato fino all’ultimo a salvarsela e a tenersela stretta. E poi ci sono quelli che si salvano, e che molti vorrebbero rimandare a casa loro. Cioè nell’inferno da cui erano appena usciti.
E noi siamo una civiltà di impotenti, governata da persone democraticamente elette e incapaci di essere umani fino in fondo. INCAPACI, noi europei, noi occidentali, noi ricchi. Incapaci.
So dire solo questo, ormai, davanti a questi morti che il mare ci sgrana davanti come un rosario del diavolo.
Le notizie le stanno dando i TG. Ognuno le condisce con quello che vuole farci credere. Ma i fatti sono che oggi, sicuramente, si è consumata la più terrificante tragedia di mare, da quando è finita l’ultima guerra mondiale.
E tutti sappiamo che non sarà l’ultima.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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