Così pare abbiano deciso dalle parti di questo metagoverno, con un emendamento “a spinta” e bipartisan” che si inserirà nella legge di stabilità a breve, che il canone televisivo si estenda dai soli possessori di apparecchi radio/tv sino a comprendere anche chi possiede una qualsiasi delle tantissime tecnologie mobili o fisse per il web, dagli smartphone ai tablets e sarà inserito (spalmato per dodici mesi) sulla bolletta della fornitura energetica.
La ragione, dicono i legislatori in coro con i dirigenti dell’azienda pubblica radiotelevisiva, è che “attraverso i computers e telefoni di ultima generazione, l’accesso al web è più diffuso e, nel web, c’è pure la RAI…”
A parte che nel web c’è di tutto, ma chi naviga per molto tempo su internet non è solitamente un amante della tv, generalista o populista che sia. Dove sta scritto che, fra i miliardi di siti e televisioni offerte dalla rete, uno debba andare a cercarsi proprio la RAI (perché è a lei, che quel canone finisce) e guardare da un monitor ciò che non guardava da uno schermo?
Una decisione presa con un tempismo perfetto, proprio a ridosso della -a parer mio ridicola- polemica sull’ingaggio di Roberto Benigni per la lettura dei “Dieci Comandamenti”, ovvero: “le regole meno osservate in tutta la storia dell’uomo”. Ci si scaglia contro il senza dubbio ingente cachet del comico toscano, mentre si tace sulla marea di giornalai messi in RAI dai partiti e da qualche padroncino, ancora esistono indomiti osservatori di talk show e trasmissioni al limite della lobotomia, ma non mi è mai successo di vedere qualcuno guardarsi Ballarò o “al cuoco al cuoco” dallo smartphone. Fare cassa, gli ottanta euro vanno recuperati e, siccome non sono toccati a tutti, farli pagare anche a chi non li ha avuti alleggerirà il peso per chi ne gode, ma credo che si appesantirà parecchio altro ancora.
Credete che non mi piacerebbe, potere parlare con toni e piglio più positivi, ottimistici e “speranzosi”? Mi piacerebbe eccome, non avete idea di quanto, ma basta poco per capire -a me, poi, che non la guardo mai- com’è ridotta la “televisione” e quello che vedo mi piace sempre meno. Si sono moltiplicati i canali ma non si è moltiplicata l’offerta, anzi, non si contano i doppioni e, non bastasse, le repliche coprono le fasce orarie più importanti. Si sono costruiti un bel sistemino, col digitale terrestre, ti sfiancano di liquame mediatico di terza scelta per ore, poi ti allettano con il poliziesco ultimo grido direttamente dalle strade di Detroit e, una volta che ti sei “aficionado“, ti spostano la serie sul canale criptato, se c’hai la scimmia paghi!
Lo hanno fatto col calcio e con buona parte dello sport che un senso, una qualche ragione a quel Canone RAI li davano, lo hanno fatto con voci e visi che usavano quella maiuscola, di Informazione, estromessi e taciuti per fare spazio ai trombettieri dell’estabilishment, rendendo così sempre più “uguale” e meno “pubblico servizio” un palinsesto dove gli sponsor dettano le loro leggi, quelle del loro mercato.
Sarei davvero molto più favorevole se quei soldi fossero distribuiti magari fra le varie emittenti che, stando fuori da un circuito pubblicitario in mano alle stesse grinfie che artigliano le emittenti più ricche, stanno chiudendo una dietro l’altra. Realtà che offrono una informazione ed una presenza territoriali, trattando i temi che una televisione generalista, che non ha interesse ad arrivare a tutti e che ha smesso, da tempo, di seminare Cultura per diffondere “altro” non tocca, ma pretende di arrivare alle tasche di tutti, anche di chi non se l’è più guardata.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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