Dice che non si sa bene quando i social cambiarono il volto del mondo. Balle. Io lo so benissimo. Avvenne quando la Barracciu confuse i due Satta. Io quel giorno a scartabellare feisbù mi sono sentito come a una vecchia Cavalleria Rusticana del Verdi di Sassari, quando al tragico grido fuori scena di “Hanno ammazzato compare Turiddu”, si udì rispondere dal loggione: “Ani fattu be’! ”, con implicito giudizio sulle qualità del tenore che aveva interpretato il personaggio appena spanciato da compare Alfio. Io a teatro se fischiano mi sento come se fossi sul palcoscenico al posto dell’artista fischiato. Dice, e cosa te ne fotte? Non lo so, so solo che sto male. Vorrei che smettessero, anche se gli do ragione, a quelli che fischiano, perché magari quello era un insulto vivente al biglietto pagato. Però non sopporto il bagno di vergogna anche se a mollo ci sono altri. Immaginiamoci quando ci sono io. Una volta all’ennesima replica di una mia commedia c’erano in sala otto spettatori. Al sipario due hanno applaudito tiepidamente, altri quattro si sono subito diretti all’uscita guardando l’orologio ossia che chiudessero le pizzerie. Il settimo spettatore ero io e l’ottavo un vero coglione che vedendomi seminascosto in ultima fila, si è messo ad applaudire come un ossesso gridando: “Bravi, fuori l’autore!”. E mi è toccato salire sul palco tra gli attori a inchinarmi a tre plaudenti, due dei quali seccati per la perdita di tempo e il terzo tutto contento per la riuscita presa per il culo. Ecco, in tutti questi modi mi sono sentito quando in quella storica circostanza è cambiato il destino dei social. Si è aperta una parabola di commenti e approfondimenti dedicati alla sottosegretaria che ha avuto la sua punta più alta, genialità pura, ma sofferenza vera per la mia sensibile percezione delle critiche, quando una giovane donna che mi dicono molto vicina a questa testata, ha cambiato per qualche tempo il proprio nome su feisbù. Era accaduto che la signora Barracciu avesse commentato su un social un’iniziativa sindacale dei dipendenti del Colosseo (non i leoni e i cristiani, dico i dipendenti attuali: visti i precedenti è meglio specificare) inquadrandola quale un’ipotesi di reato. A un lettore che le chiedeva grosso modo “Ma quale cazzo di reato?”, la stessa ha chiarito: “Reato in senso lato”. Ed è stato allora che la donna vicina a questa testata si è cambiata il nome. Ammettiamo che si chiamasse Romina Power (ma è un nome di fantasia, come dicono i cronisti quando parlano dei bambini vittime di violenze): sul social da quel giorno si è chiamata Romina Powerinsensolato. Per non parlare di un’altra donna, anche questa pare non del tutto estranea alla nostra testata, che per molti mesi ha tenuto una vera e propria rubrica sulle avventure di signora Francesca, aiutata in questo da informatori che la svegliavano anche nel cuore della notte, sottraendola ai suoi studi sull’acqua potabile (è una della maggiori estimatrici sarde dell’azienda Abbanoa) e persino alle frequenti visite all’amata spiaggia di Balai. Relativamente alla quale pare abbia informato gente del governo che si tratta di un nome di luogo e non di un passato remoto. Particolare attenzione ha riservato alla polemica tra signora Francesca e Alessandro Gassman, commentando la quale la nostra ha ripetutamente lodato la misura e la cortesia con le quali la sottosegretaria ha sostenuto il delicato confronto con il popolare attore. Mi sembra di ricordare che è stata tanto obiettiva da ammettere che la sottosegretaria non aveva mai confuso Alessandro con suo padre Vittorio. Il problema è che la signora Francesca non era sottosegretaria alla ciogga minudda o al ruolo del riccio di terra nel mercato europeo, ma alla Cultura. Con la Q maiuscola. E il fatto non poteva che eccitare allo spasmo l’immaginario collettivo, come direbbero quelli del suddetto ministero. Era chiaro che le avrebbero fatto analisi logica e grammaticale di ogni post e di ogni tweet. Che avrebbero recensito il suo stile pacato e limpido, che avrebbero inaugurato la categoria del barraccismo, una delle più importanti divisioni settoriali della cultura (questa volta con la q minuscola) politica della seconda repubblica. E ora mi chiedo solo, cosa faranno queste orfane della signora Francesca? Come vivranno il guado storico del post barraccismo? Io so solo che sono preoccupato per me, anche se non sono sottosegretario a un mazza. Questo vuoto di bersagli davanti ad armi ancora cariche e spianate, ci mette tutti in pericolo. E quindi queste righe me le sono rilette mille volte e se mi è scappato qualche errore abbiate pietà, non mi sputtanate su feisbù. E neppure da altre parti.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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