Quando vedi quel pallone partire da troppo lontano pensi solo che non riuscirà mai a trovare il canestro. Perché le parabole hanno sempre un senso e perché la fisica ha la sua logica. Come la matematica. Ma quella di Dyson è altra materia, difficile da spiegare. Quella palla, concepita per bucare la retina, senza neppure toccare il ferro, si stacca dalle sue mani e lui sa che l’ha fatta partire perché deve arrivare nel punto esatto dove la matematica e la razionalità non esistono. Dove le equazioni si sbriciolano. Il basket, a differenza di altri sport, oltre ad essere uno splendido esempio di gioco di squadra è anche l’esempio di una prova d’orchestra: se stecchi un attimo ne risente tutta l’armonia. Arrivare ad accumulare un vantaggio quasi siderale per una finale scudetto per poi riuscire a pareggiare e portarsi all’overtime, è solo ed esclusivamente da Dinamo. Lo ha fatto con Milano ma, in quel caso raggiunse l’avversario, lo ha fatto ieri facendosi incredibilmente raggiungere. Si dirà: così questa ve la ricordate. Certo. In effetti la partita di ieri rimane sicuramente più impressa delle altre. Dicono: così non può andare avanti, perderemo. Comprensibile. Non eravamo neppure stati invitati alla festa, partivamo da molto, troppo lontano. Adesso vorremmo arrivare sino alla fine. Così come Reggio, d’altronde. Abbiamo osservato quel quintetto strapazzare gli avversari e, subito dopo guardare, quasi in silenzio, la la loro ripresa. Abbiamo capito che questa è una squadra senza leader e per ogni partita c’è qualcuno che accompagna la Dinamo a spostare l’orizzonte e riavvolgere il timore di buttare tutto quello che si è costruito con cura. Li chiamano diamanti grezzi: bellissimi e unici, ma ancora da ripulire. I cavalieri che continuano a credere nell’impresa sono giocatori che sanno uncinare anche da centro campo e perdere una palla all’ultimo secondo, come Brooks. Succede. Però, quando accade ti rendi conto che il basket rassomiglia molto al gioco della vita: a volte le tue azioni riescono nonostante l’irrazionalità dei gesti mentre a volte, nonostante la pianificazione, la certezza di aver fatto tutto per bene quell’azione fallisce. Tutto gioca intorno alla follia di un attimo, la magnificenza di un fotogramma, il raccordo innaturale tra il pensiero e l’azione. La Dinamo è anche questo, soprattutto questo. Poi, per il resto, si vedrà.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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