Una mattina di quattro o cinque anni fa, mentre ero impegnato a far nulla, squillò il telefono di casa. Era la voce sconosciuta di un signore che immaginai sull’ottantina: alla fine di ogni frase le sue parole scemavano a sospiro e il suo fiato sembrava strozzarsi. “Sono il maestro Nino Abis”. Prima di venire al punto cercò di presentarsi con una sua biografia, ma io lo interruppi subito. “Lei forse non lo ricorda, ma sono stato un suo alunno alle scuole medie di Arzachena, nel 1983. E comunque, io so benissimo chi è lei”. Nino Abis di La Maddalena era un uomo di musica che tutti conoscevano, anche nelle più importanti case discografiche nazionali. Io, in un fermo immagine rimasto impigliato nel pettine della memoria, me lo ricordo seduto in cattedra, vestito di un eccentrico completo celeste, elegante nei gesti e nella parola. Accendeva le lezioni con sketch e lampi di ironia troppo graffiante perché noi mocciosi potessimo afferrarla. Insomma, qualcuno – non ho mai saputo chi – gli aveva consigliato di rivolgersi a me per cercare di realizzare un sogno che coltivava da tempo: riuscire ad incontrare il grande Peter Gabriel, ormai da anni stabilitosi in una villa tra Cannigione e Palau. Forse aveva visto delle mie foto con Gabriel, risalenti ad un’intervista di molti anni prima. Ma io non ero e non sono amico di Gabriel, potevo tutt’al più cercare un contatto attraverso comuni conoscenze. Fui franco con lui, mettendo in chiaro che l’impresa non era facile. “Ho ottantatré anni, faccia tutto quel che può”. Chiamai quella mattina stessa un conoscente che sapevo essere in rapporti molto stretti con Peter Gabriel. Mi assicurò che sarebbe andato di persona a rappresentare la richiesta del mio vecchio insegnante, mostrando un largo ottimismo: “Incontra un sacco di gente e questo è un caso particolare: ti farò sapere presto”. Non richiamai il professore per non illuderlo inutilmente e mi ripromisi di attendere notizie dalla persona che avevo interessato.
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Quando, domenica notte, ho letto della morte del maestro Abis, è stato come se un’incudine di ghisa mi fosse precipitata sulla testa mentre dormivo. E poi, pungente come una lama nella carne, è iniziato il senso di colpa. Mi ero completamente dimenticato di quella richiesta con i toni dell’ultimo desiderio, di quella telefonata di prima mattina: la notizia è stata come un pugno proprio perché mi ha riportato alla mente una promessa inevasa. Per superficialità, perché ero sempre troppo preso da me stesso, perché spesso ho fatto confusione nelle priorità. Forse quell’incontro non ci sarebbe stato comunque, ma io non ho fatto tutto quanto era possibile per renderlo possibile. E ora è troppo tardi per dispiacersene.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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