Io non ci sono, ogni santo giorno, negli incroci di sguardi, di pensieri e di azioni che in un paese che non sia il mio, altri sardi vivono.
Non ne conosco il clima, metereologico e sociale, posso solo immaginare, immaginare mischiando i ricordi dei lunghi o i brevi passaggi, le persone di quei luoghi conosciute anche fuori contesto, ma sapere cosa sia la vita di un qualsiasi paese della Sardegna, oggi, quali i rapporti fra i suoi abitanti, quali le tensioni, quali le politiche, non è cosa ne’ semplice ne’ sempre fattibile.
Orune poi, è un nome che evoca, che riporta alla memoria faide, rapine e malaffare, abigeato e, come oggi siamo tristemente costretti a ricordare, l’omicidio e la vendetta. Ed anche se lo fa, se succede con dati statistici ed in forma e quantità molto minore a molti altri centri d’Italia, lascia il segno. Un segno profondo perché profonde sono le sue radici, non si sa quanto.
Ma l’omicidio di questo giovane parrebbe, fra le ipotesi, mostrare dei contorni molto meno evocativi, molto meno radicati e radicali ma molto più futili e drammaticamente banali. Ancora non si sa nulla, non si capisce nulla, sappiamo solo che questo terribile gesto c’è stato, che un diciannovenne che andava a scuola, a quella scuola non arriverà mai più. Conosciamo la vittima e la scena, di chi stava dall’altra parte del fucile ancora nulla, ma ci si avventura in analisi antropologiche, psicologiche e sociali, si tira in ballo una comunità intera e si sentenziano accuse e aggettivi precisi quanto inopportuni e devastanti, “omertà”, “vigliaccheria”, “balentìa”!
Nessuno parla più di follia, di esasperazione e di degrado culturale, di come quei codici -tirati spesso in ballo invano- possano, a volte, alla fine cambiare persino la percezione di chi ne aveva fatto cultura, mischiandoli all’odio giustizialista e sempre super partes dei commenti a caldo pesanti ma distanti. Della frettolosa ed intrattenibile dimostrazione di quanto siamo corretti e legalizzati noi, con le vite degli altri. Chi vede l’assassino è anche visto, a sua volta, dall’assassino che sa chi sei. Non lo auguro a nessuno, ma a trovarcisi in certe situazioni è davvero molto più complicato e meno “normale” comportarsi di quanto si possa credere.
“Non giudicare mai nessuno, se prima non hai camminato per almeno cinquanta miglia coi suoi mocassini ai tuoi piedi“, recita un antico quanto saggio detto dei Nativi Cherockee, ed io aspetto, nel cordoglio e nel silenzio, rispettoso, di parenti, amici e vittima, che quei mocassini vengano prima trovati, mentre penso che il miglior gesto, l’unico atto di vera balentìa che l’autore di questo folle delitto possa fare, sia quello di costituirsi, subito, ed andare in contro alle sue responsabilità, alle conseguenze di una azione che, questo lo penso da sempre, in qualche modo pagherà, comunque, anche se non dovesse mai essere scoperto.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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