Mi dice: “Tu te lo ricordi quando si cantava a squarciagola la locomotiva di Guccini? Te lo ricordi, vero? Trionfi la giustizia proletaria? E quando si finiva in quel garage – orribile e triste – dove vedermi o non vedemi i tutta nuda era un fatto di clima e non di voglia? Te lo ricordi quando prendevi per il culo Luca, quello del PSIUP, Cristo partito socialista di unità proletaria, e gli dicevi che era uno di destra? Il PSIUP. Pure brutta come sigla. E poi, a dire il vero, a quei tempi non si scopava bene.”
“Si pensava alla rivoluzione” dico io. “Già, la rivoluzione. Gli indiani metropolitani. Kossiga con la kappa. Te lo ricordi? Quei giorni di Moro. Nè con lo Stato né con le BR. Sempre nel guado, sempre con la consapevolezza di essere dalla parta giusta: quella del torto. Comunque, Ernesto, quello stronzo che poi è andato in India, te lo ricordi? Quello scopava bene. Sembrava uno di destra”. “Che significa?”, dico io. “Perché è così,” risponde. “E’ inutile negarlo. Quelli di destra pensavano alla figa, mica alla rivoluzione. E noi che eravamo convinte della vostra coscienza femminista. Cazzate. Siete finiti sul divano a guardare le partite di pallone e a discutere dell’isola dei famosi”. “Le partite di pallone sono un’espressione popolare e mica le guardano solo quelli di destra!”, rispondo. “Si”, dice lei “ma quelli di destra scopano meglio”. La guardo, la osservo intensamente mentre sono ci sono passate davanti le immagini di Gramellini, Fazio, Littizzetto, Jacona; perchè da noi, ancora oggi, si guarda solo ed esclusivamente Rai3. Tele kabul, per indenderci. Io, l’isola dei famosi la vedo su Blog. E non è vero che quelli di destra scopavano meglio. Avevano meno pensieri e si applicavano solo su quello. E’ così. Deve essere così. “Mi dici perché sei contento di Mattarella?”, mi chiede. Con la vestaglia gommosa d’un colore inenarrabile che l’avvolge sino al collo e con le pantofole con la faccia di Minnie. “Non doveva trionfare la giustizia proletaria?” aggiunge, mentre si versa un bicchiere di latte caldo con i biscotti di Banderas. Mai sopportato Banderas. Stronzo e radical chic. “Io son contento perchè Mattarella era della sinistra dc”, rispondo e, lentamente, mentre mi alzo e la osservo dentro quella vestaglia color nostalgia, aggiungo: “E’ l’unica cosa a sinistra che ci è rimasta. Insieme a Papa Francesco.” Lo dico così, senza crederci, lo dico perché non volevo dirlo. Lo dico per farle del male, lo dico perché è vero che non ci capiamo, che non parliamo mai in due la stessa lingua, lo dico perché abbiamo fallito, perché abbiamo il Suv, perché abbiamo sky, perché in fondo l’isola dei famosi la guardo davvero, nell’altra stanza. E lo dico perché dovrei piangere. Dovrei. Cercavamo la felicità nelle nostre ideologie. Siamo finiti a fare il tifo per Rocco Siffredi. E Mattarella. C’è qualcosa di sbagliato in questa storia. Compresa la vestaglia della mia compagna. Color nostalgia.
Ps: Se vi va, riascoltatevela la locomotiva. Perché gli eroi son tutti giovani e belli.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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