Invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non dovrebbe cambiare. In politica però tutto può succedere e il Presidente della Repubblica Mattarella ha deciso di convocare per giovedì i partiti e movimenti politici e il giorno successivo le cariche istituzionali. C’è poi la storia del terzo nome che lentamente si fa strada in queste giornate convulse e tutto questo a me ricorda un gioco di moda negli anni ottanta, quando era in voga il terrorismo e tutti erano alla ricerca del grande vecchio. Che succede nell’universo Italia? Ci sarà, così come richiesto dal capo dello Stato, un governo nel pieno delle proprie funzioni entro giugno? Chi sarà il capo dell’esecutivo? Di Maio, Salvini o il terzo uomo che alcuni indicano in Giovanni Maria Flick, ex presidente della Corte Costituzionale nonché buon ministro di Giustizia del governo Prodi? Oppure si tenterà la carta di uomini da tutti ritenuti fuoriclasse e che giocherebbero da titolari in qualsiasi squadra: Cottarelli, Severino, Cantone? Di Maio chiaramente non è d’accordo anche perché il triangolo non lo aveva proprio considerato. Questi signori non hanno preso un voto mentre lui che di voti ne ha presi 11 milioni non è disposto a fare un passo indietro. Continuo a camminare dentro il mio antico selciato fatto di cose ovvie e di princìpi semplici: gli undici milioni di voti sono patrimonio del movimento e non di Luigi Di Maio, altrimenti dovremmo dare ragione ad un Berlusconi Presidente del Consiglio che riteneva di governare a nome di tutti gli italiani ed in realtà il suo partito, Forza Italia, a quei tempi valeva il 22%. So bene che le percentuali in politica sono diverse da quelle che si analizzano in statistica ma contrapponendo a proposte comunque politiche la forza dei tuoi voti come metro democratico si rischia di scivolare sonoramente. Di Maio potrebbe sempre trovare qualcuno (e in realtà lo ha trovato) che potrebbe semplicemente rispondergli sul suo stesso terreno: “Tu hai preso il 32% dei voti validi e rappresenti quelli. Il 68% dei votanti ha fatto un’altra scelta”. So bene che anche questo è un ragionamento fine a se stesso e che in politica i numeri hanno un altro peso specifico. Stiamo dunque dicendo e ammettendo che il discorso va trasportato nel ring della politica, che si gioca con il vocabolario della politica e che le regole sono quelle politiche. Stiamo dicendo che uno vale uno non esiste più, che lo streaming per le consultazioni non ci sono più, che gli incarichi a rotazione ogni sei mesi non ci sono più. Mentre il Presidente inizia un nuovo giro di consultazioni, stiamo lentamente comprendendo che i contendenti eletti in questa legislatura cominciano, per trovare una soluzione alla crisi, a ragionare in termini politici. Forse non è una grande notizia per i grillini duri e puri ma lo è per il paese. Dalla politica si ricominci e ci si sieda ad ascoltare e proporre. Lo faccia anche il Pd che, come ha affermato perfidamente e lucidamente qualcuno, non può essere opposizione se ancora non esiste una maggioranza politica. E anche loro, quelli del PD dovrebbero cominciare a ripassare i fondamentali.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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