Oggi sono trent’anni esatti dalla morte di Andy Warhol, l’uomo che trasformò in arte – anzi, in Pop art – il consumismo e lo stile di vita americano. Non superò un banale intervento chirurgico alla cistifellea e forse, se ne avesse potuto parlare, l’avrebbe con una certa soddisfazione giudicata una morte idiota. Del resto, diceva di sé che se la gente avesse saputo quanto era idiota, avrebbe cessato di rivolgergli domande. Con sua grande liberazione. L’artista del sogno americano, lo hanno già definito in tanti. A partire dalle sue origini, essendo figli di immigrati slovacchi che negli Stati Uniti cercavano una vita dignitosa. Ma al sogno americano Warhol diede nobiltà artistica con le sue serigrafie di Marilyn Monroe, che di tutti gli americani maschi era il sogno. Oppure con le sue opere che fissavano sulla tela le bottiglie di Coca Cola, i biglietti da un dollaro o i barattoli di zuppa Campbell che Andy mangiò a pranzo tutti i giorni, per vent’anni. La serialità gli sembrava il più grande successo della civiltà americana e lui intendeva riprodurla nelle sue creazioni artistiche che, a dire il vero, facevano storcere il naso a più di un critico. C’era, nell’artista Warhol, quell’americanissimo senso di appagamento terapeutico da centro commerciale che spesso fatichiamo a confessare. “Quel che c’è di veramente grande in questo paese è che l’America ha dato il via al costume per cui il consumatore più ricco compra essenzialmente le stesse cose del più povero. Mentre guardi alla televisione la pubblicità della Coca-Cola, sai che anche il Presidente beve Coca-Cola, Liz Taylor beve Coca-Cola, e anche tu puoi berla”. Lo ha detto Wahrol. Considerato uno dei massimi geni creativi del XX secolo, perché interprete sincero del suo tempo.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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