Olbia, tarda mattinata. Io e tre amici occupiamo manu militari il tavolino (sul marciapiede) di un bar. Arriva dopo qualche minuto una sorridente signorina per prendere l’ordinazione. Chiediamo tre bicchieri di vino rosso. “Quale vino?” “Carignano, grazie”. La signorina sbarra gli occhi ed inizia ad elencare tutte le etichette disponibili, senza distinzioni tra vini rossi e vini bianchi. Ribadiamo la richiesta: carignano. La signorina, in palese imbarazzo, si allontana, lasciandoci col serio dubbio che la parola “carignano” fosse sconosciuta al suo vocabolario. Trascorrono cinque minuti di nulla, poi piomba sul nostro tavolino il titolare del bar. È sulla difensiva prim’ancora di aprir bocca. “I signori hanno chiesto?” “Sì, tre bicchieri di carignano”. “Bene, signori, purtroppo però non ce l’ho in fresco: va bene se ve lo servo con del ghiaccio?” “Il vino rosso col ghiaccio?” pensiamo io e i miei amici senza avere il coraggio di dirlo. “No, ce lo porti liscio” gli rispondo, con un filo di ironia precipitata nel vuoto. Lui elenca una serie di altre etichette e nomina cantine sconosciute, nel disperato tentativo di convincerci a cambiare idea e vino. Al che, il più arguto tra noi chiede di vedere da quale bottiglia sarà versato il nostro bravo carignano. Il titolare fila via a prelevare la bottiglia, lasciandoci il tempo per qualche salace commento sulla sfiancante trattativa intavolata per ottenere tre cazzo di bicchieri di un dannatissimo vino. Ed eccolo qua, il nostro ometto, impalato davanti a noi: mostra la bottiglia come fosse un trofeo, tenendola ritta tra i due palmi delle mani. Ma non è carignano. No, è una bottiglia di vermentino Karagnani: ecco perché voleva servircelo fresco. Insomma, non aveva mai sentito parlare di carignano e ha tirato ad indovinare, puntando su un nome simile e scommettendo sulla nostra pronuncia sbagliata. A questo punto, nello spiegare l’equivoco, ad essere in imbarazzo per lui siamo noi. Deve infine soccombere ed ammettere di non avere un vino carignano, cosicché ripieghiamo tristemente su un rosso qualunque. Io non sono affatto un avventore esigente e neppure un grande intenditore di vini, chiedo cose facili facili. Ma mi chiedo come sia possibile che il titolare e i dipendenti di un’attività pubblica di somministrazione di bevande, ubicata nel pieno centro di una città a vocazione turistica, non sappiano cosa sia un comunissimo vino carignano. Tutto questo anche per dire che non basta speculare sull’Isis per augurarsi che il nostro turismo regga: prima di sperare nelle altrui disgrazie, guardiamo a quel che possiamo migliorare in casa nostra.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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