La cosa buona è che questi numeri potrei giocarmeli al lotto. Dal 390 leverei lo zero.
Il 390 lo prendo dopo il treno e nel treno oggi sono anche riuscita a trovare un posto libero.
Di fronte a me una coppia, lui con un bassotto sulle ginocchia. Abbaia ad ogni fermata per avvisare la padrona che ciondola la testa mentre il marito conversa con una ragazza.
“Sa, da quando abbiamo fatto questo cane, non ci annoiamo”.
Dice “Abbiamo fatto”, con orgoglio, come se quel cagnolino lo abbia partorito la moglie, nonostante i 60 anni e passa che entrambi si caricano sulle membra. Quando arriva la fermata giusta, il figlio a quattro zampe salta giù e attende che le porte della carrozza si aprano.
Posti in piedi previsti per il 390, 34. Siamo almeno 30 di più su questo mostro che arranca come un obeso cercando di prendere fiato ad ogni rosso del semaforo, ma al motore sta per venire un infarto. Per la sudata guadagnata che mi rovina il trucco, oggi il biglietto me lo conservo.
La metro è più snella e veloce del 390 e del treno, ma povera, è presa d’assalto come una carovana del West e non solo da indiani, ma tedeschi, francesi, americani, coreani, tutti questi che le vacanze estive le fanno in autunno, inverno e primavera.
Altra coppia, ma questa è in età fertile, ancora per un po’, e infatti non c’è nessun cagnolino.
Io sto in piedi che non riesco a muovermi, ma ad ogni fermata rischio di cascare se non fosse per il sostegno a cui mi sono riuscita ad aggrappare, infilando il braccio sotto l’ascella del maschio virile della coppietta, ma loro non si scompongono mica, avvitati come sono l’uno all’altro, beati loro, innamorati anche sul mezzo pubblico e io che in un anno e mezzo qui non l’ho trovato, un fidanzato.
Mentre loro si scambiano l’alito, io che non ho più ossigeno, sopravvivo attaccata alla bocca della turista francese che mi inspira l’aria che sa del suo pranzo di trattoria.
Riuscirò a chiudere la giornata seduta sul 92?
Un tizio si siede nell’unico posto libero.
“A quest’ora non so nemmeno come mi chiamo”, dice.
Dopo una radiografia, si alza per farmi sedere e vedendo la scritta cucita nella maglia, scopro che è un autista della compagnia. Nell’ultimo mese ne han pestati tre.
Ho pietà dei suoi occhi rossi ma insiste, toh, nuova categoria per i posti riservati, dopo vecchi e invalidi, ragazze che hanno la fortuna di piacere all’autista che smonta dal turno.
Me la rido, fino a che non inizia il rito serale del viaggio di ritorno sul bus. La selezione delle peggiori videoteche racchiuse negli smartphones della fascia di passeggeri under 20.
Oggi no.
Senti ragazzino, come dite voi, oggi è stata una giornata demmerda che non ha bisogno di colonna sonora, l’ho già avuta nelle strilla di bambini, colpi di clacson, telefonate di capi incazzati.
Anche se non ci sono stelle, fammi esprimere il desiderio di non sentire nulla e poi gli U2, il reggae e Ligabue sono tra quelle cose che mi han sempre fatto un po’ cagare, ONE remixata, poi!
Quello spegne.
Scendo e sento una mano leggera sulla spalla.
“Non la volevamo disturbare”.
Divento rossa.
“ Ma sì,dai, lo so. E poi, confesso … nell’mp3 per quando vado a correre qualcosa degli U2 ce l’ ho, tipo Discoteque, quella di POP”.
Ma niente Ligabue e niente reggae, quelli no.
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