C’è sempre qualcosa che riporta a qualcos’altro quando si sente un cantante che conosci praticamente a memoria. Per quanto possiamo provarci, alla fine, tutti peschiamo sempre dallo stesso cestino e costruiamo quasi sempre le stesse storie. Ascoltare Antonello Venditti è come correre sulle montagne russe: ci sono pezzi memorabili ed altri decisamente brutti o, come qualcuno li ha definiti, “populisti”. Nato artisticamente insieme a Francesco De Gregori è l’esatto contrario del principe. Dove Venditti è chiaro, fin troppo, De Gregori è ermetico, incomprensibile. Quando Antonello è deciso, aperto, spaccone, esagerato, lui, il principe è incerto, chiuso, timido, (apparentemente) morigerato. Dal 1972, anno in cui fu pubblicato Theorus Campus il loro unico album “insieme” i due cantautori romani hanno imbracciato strade diverse e non si sono quasi più incontrati sul palco. Eppure queste divergenze parallele hanno accompagnato un bel pezzo della mia adolescenza e anche qualche goccio di maturità. Non sopporto il Venditti “piacione “ e dal pezzo facile (sotto il segno dei pesci, per esempio è uno dei pezzi peggiori) ma amo, invece il Venditti intimista: quello di L’amore non ha padroni, lo stambecco ferito, Maria Maddalena. Credo che il suo miglior album sia Ullàla, del 1976, quello che lui non ama tantissimo, tanto che delle sette canzoni presenti non ne ha mai proposto nessuna nei suoi numerosi concerti. Insomma, io amo quel Venditti che non piace a Venditti. Arenato negli ultimi anni con un contorno troppo romanista, troppo “di sinistra per forza” troppo “populista” era entrato in crisi d’identità. (Dalla pelle al cuore è probabilmente il suo album peggiore). Nel 2011 esce Unica dove ci sono due pezzi decisamente belli (Unica, che da titolo all’album e oltre il confine) e dopo quattro anni decide di cavalcare strade antiche con questo nuovo album TORTUGA. Se eliminiamo il singolo che impazza in questi giorni nelle radio commerciali (Cosa avevi in mente) decisamente molto “vendittiano” e utile per spingere l’album, il resto è qualcosa che riporta Venditti ai tempi di “notte prima degli esami”.
Non so dirti quando (un inno laico alla madre professoressa di matematica), nel mio infinito cielo di canzoni. ti amo inutilmente sono pezzi sopra le righe. Oltre. Sono delle belle canzoni. E anche i ragazzi del tortuga (seppure troppo legato a Giulio Cesare) rimane una canzone carina e dignitosa nel panorama piatto di un’Italia barricata nei vari talent show. Antonello Venditti ha una bellissima voce (e non me ne vogliano Tore e Maria, miei colleghi redattori di Sardegnablogger) e sa anche raccontare bene molte emozioni. Provate ad ascoltare Marta o Campo de Fiori e capirete qual è il vero Venditti. L’unica cosa che non gli perdono: le innumerevoli canzoni appiccicose dedicate a Simona Izzo. Immeritate. Ma, come dire, l’amore non ha padroni e questa parentesi gli si può anche perdonare.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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