Con questo titolo non si vuole alludere all’ultimo film sulla saga dei Vendicatori, magari fosse un film, ma alla situazione medio orientale, che sembra avere sempre di più i connotati di una guerra senza fine.
Le ragioni del massacro attuale della popolazione palestinese vanno ricercate nella storia stessa della Palestina; storia che, specie negli ultimi, 100 anni ha visto un susseguirsi di dispute territoriali costellate da scontri armati, più o meno dichiarati, tra due fazioni in lotta per la propria sopravvivenza: la popolazione palestinese e la popolazione ebraica.
Dopo il crollo dell’impero ottomano, conseguente alla fine della Grande Guerra, l’allora ministro degli esteri britannico Balfour scrisse una lettera al rappresentate della comunità ebraica inglese, Walter Rothschild, barone di Rothschild, indicando che l’impero britannico vedeva di buon occhio la creazione di una “zona cuscinetto” a maggioranza ebraica in Palestina, allora sotto mandato britannico da parte della società delle nazioni.
Conseguente a questa dichiarazione i movimenti sionisti mondiali, appoggiati dalle fortune del Barone e dai finanziamenti ebraici d’oltre oceano, iniziarono a favorire una migrazione verso la Palestina, migrazione che conseguì l’acquisto di proprietà terriere arabe pagate a caro prezzo. Queste proprietà portarono alla creazione delle prime “Kibbutz” ovvero comunità che osservavano una sorta di regolamento socialista, in Palestina.
Queste comunità nel tempo sempre in espansione per via dell’immigrazione irregolare, adottarono presto una sorta di esercito perennemente in armi per difendersi dalle scorrerie arabe, sempre presenti sul territorio, ancora sotto maggioranza araba, che non vedevano di buon occhio l’aumento della popolazione ebraica in Palestina.
Contestualmente alla nascita di queste piccole comunità, movimenti armati, che sognavano uno stato di Ebraico sovrano, iniziarono una campagna terroristica contro il dominio britannico, auspicando che un continuo logoramento, anche considerata la situazione politico-economica inglese dopo la prima guerra, avrebbe portato a un graduale disinteressamento britannico e contestualmente a una ritirata dell’esercito reale dislocato in Palestina.
Nel proseguire con la storia dello stato, si arriva ai fatti del secondo conflitto, con la cacciata delle popolazioni ebraiche dai territori occupati dagli italo tedeschi, dal loro sterminio, e dal sempre più marcato antisemitismo europeo, che, come un focolaio di peste, ricadeva periodico in Europa.
L’aumento dei flussi migratori in Palestina, ormai incontrollati dai britannici, contestualmente alla fine del secondo conflitto e alla scoperta del massacro europeo della popolazione ebraica, portarono alla risoluzione della società delle nazioni del 1947 che “assegnava” la Palestina a due popolazioni, quella ebraica e quella nativa palestinese, con una ripartizione del 56 a 44 %, e dichiarava Gerusalemme città aperta. Gli inglesi si astennero dal voto ben consci che la questione non si sarebbe risolta facilmente perché le popolazioni arabe, già in rivolta, non avrebbero accettato l’imposizione. Comunicarono altresì il ritiro delle truppe, per il 15 Maggio 1948, esattamente 70 anni fa, data che coincide con la dichiarazione di indipendenza e la nascita dello stato di Israele.
La popolazione araba cercò di stroncare sul nascere la creazione dello stato dando vita a una vera e propria guerra contro le comunità ebraiche, che trincerate e motivate dal desiderio di indipendenza nazionale resistettero e riuscirono a sconfiggere le truppe arabe. D’altro canto non riconobbero lo stato per molto tempo. Israele, con il suo primo ministro, David Ben Gurion propose, alla fine del conflitto che gli abitanti delle regioni occupate prendessero cittadinanza israeliana, pena l’espulsione dal paese e la creazione di quasi un milione di profughi palestinesi, e mezzo milione israeliti che furono anche essi scacciati dalle regioni sotto il controllo della lega araba.
Dopo il consolidamento nazionale, le vicissitudini di confine portarono a due conflitti, uno inteso come preventivo da Israele, ovvero la guerra dei 6 giorni, l’altro offensivo da parte della lega araba, ovvero la guerra dello Yom Kippur. Questi conflitti, che sancirono la sconfitta della lega araba, composta allora da Egitto, Siria e Giordania permisero l’occupazione militare israeliana di vaste zone della penisola, tra cui il deserto del Sinai, strappato all’Egitto e i territori della Cis giordania strappati alla Giordania, con una porzione delle alture del Golan, prima in mano siriana.
Il mancato riconoscimento dell’esistenza dello stato di Israele, da parte araba, e il mancato riconoscimento di una nazione palestinese, da parte israeliana, porterà sempre alla rappresaglia armata dalle due parti, sia in un senso che in un altro. Dopo numerosi tentativi di riappacificazione, unica soluzione praticabile è il mutuo riconoscimento delle due nazioni, l’aiuto di Israele per la creazione di uno stato palestinese, con il pieno riconoscimento delle Nazioni Unite, con un confine definito, una politica estera collaborativa nei confronti dei vicini Israeliani. L’alternativa a questo, il continuo susseguirsi di attacchi palestinesi dentro e fuori la Palestina ai danni della popolazione israeliana e la continua pressione, a cui sono sottoposti i palestinesi da parte israeliana che vantano il diritto di rappresaglia, spesso ingiustificato, sulla popolazione civile, già sfiancata da 70 anni di lotte e miseria, porterà nel tempo a un annientamento, fisico e morale di un’ intera popolazione.
(Ben Gurion e la dichiarazione di Indipendenza Israeliana. In foto il teorico sionista Theodor Herzl.)
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