C’era questa curiosa appendice di un problema grosso, che erano i senzatetto, che si chiamava qualcosa tipo movimento o partito o comitato o giù di lì e che si accodava alla protesta di altre organizzazione serie degli sfrattati. Sto parlando di roba come il 1975, più o meno, e non è che ricordi tutto molto bene. Però c’era questa appendice piccola piccola che a me a naso mi sembrava roba di fascistoidi. Ma non capivo bene perché allora certe categorie non erano così formate come ora. Se dicevi “populismo”, a esempio, voleva dire che stavi parlando di Giulio Cesare, Napoleone III o di Peron. Ohè, c’era, dico, il populismo, ma non lo riconoscevi a prima vista. Insomma, questo strano gruppuscolo andava contro l’Iacp (l’istituto delle case popolari) e contro il sindacato degli inquilini con manifestazioni da quattro gatti ma violente e clamorose, durante le quali cavalcava il malcontento di un sottoproletariato disperato sfuggito al controllo dei partiti di massa. Un fenomeno minoritario, a quei tempi. Ora è roba tipo la pasta al sugo, roba di tutti i giorni, e oggi non parliamo di fettine di sottoproletariato ma di compatte compagini sociali. Comunque a quei tempi nel calderone dei nemici istituzionali di questi qui, oltre all’istituto delle case popolari, c’erano il sindacato degli inquilini, Pci, Dc e Psi uniti in una visione confusa di protettori “di chi sta bene”, e naturalmente Stato, Regione, Provincia e Comune. Nel minestrone di nemici c’era anche il mio giornale. Alle manifestazioni si portavano appresso un tale che girava in canottiera anche d’inverno, era mingherlino e aveva una faccia di fame. Ma era un picchiatore. Uno che partiva di testata all’improvviso. E per la scarsissima conoscenza che ho di queste cose, nelle zuffe vere, quelle in cui giochi proprio a fare e a farti male, la forza fisica c’entra poco. E’ la cattiveria che conta. Quello insomma partiva di testata a la ischunfidada, a tradimento, e se uno si prende una testata ha finito. Perché dopo può sperare soltanto che la smettano di picchiarlo e che lo lascino andare in pace al pronto soccorso. Dopo una testata in faccia uno perde la ragione, non sa più quel che dice o quel che fa, ha voglia soltanto che tutto finisca. Anche per questo do cordialmente degli stronzi a tutti quelli che dopo avere visto il video della barbarie subita dal mio collega a Ostia hanno ironizzato sulle parole con cui tentava di calmare il vigliacco che dopo continuava a picchiarlo con un manganello mentre lui teneva le mani sul naso rotto dalla testata improvvisa. Insomma, questo scarso movimento prepopulista e confusamente fascistoide aveva radunato roba di dieci o quindici disperati tra i quali il picchiatore in canottiera e li aveva portati a manifestare davanti al municipio. Arrivai con il fotografo. Che non era uno qualsiasi, ma era Angelo Mura in persona, uno dei colleghi che a mio modesto avviso hanno contribuito per un mucchio di ragioni a rendere grande La Nuova Sardegna. Angelo prese a fotografarli e subito il picchiatore lo affrontò. Le solite provocazioni verbali che però Angelo, imperturbabile, lasciò cadere con un sorriso continuando a fare il suo lavoro. Allora il delinquente mingherlino gli si fece sotto, si guardò intorno e portò la testa leggermente all’indietro. Ho visto l’altro giorno la stessa sequenza di gesti nel video girato a Ostia e quell’episodio di quarant’anni fa in piazza Del Comune mi è tornato prepotente e improvviso davanti agli occhi. La differenza consiste nel fatto che Angelo abitava in vicolo Isabelline e capiva al volo che cosa avesse intenzione di fare uno che prima si guardava intorno e poi portava la testa all’indietro. Angelo non si scompose. Si limitò a portare al sicuro dietro la schiena la sua preziosa Rolleiflex (era sua, non del giornale) e senza dismettere il sorriso beffardo gli disse -Eu andu in ipidari e tu a Santu Basthianu. E digussì chissi figliori di bagassa chi t’ani mandadu zi abarani pigliadu pa lu culu a tuttedùi. Il picchiatore mi sembrò il leone che al Circo Massimo riconosce in Androclo l’uomo che gli aveva tolto la spina dalla zampa. Ritirò gli artigli e gli propose -A ti la bì una cosa? -No biggu. Eu abà dobaristhia trabaglià. Bugadinni da dananzi. E il picchiatore se ne tolse da davanti.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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