Riflessione di Andrea Maccis
Un’altra prospettiva.
Sui fatti agghiaccianti di Charlie Hebdo ormai è stato detto tutto. Ma anche il contrario di tutto. Pensate che bello, pensate che abbondanza, Giorgio Gaber sarebbe contento di sicuro.
E quello che nel frattempo succedeva su internet ha detto tanto altro, così all’improvviso mi sono scoperto preoccupato. Ma più che per noi (anche se il terrorismo, di qualsiasi matrice esso sia, è una cosa che non fa dormire sonni tranquilli) ho realizzato che ero preoccupato da noi.
Un fiume di veleno che straripava da un lato e un fiume di antidoto (potenzialmente) che straripava dall’altro, sfociavano contemporaneamente nel mare dei social media, affogando la mediazione, il confronto e (ahinoi) anche i gattini …
Il punto è che, mentre tutti (o quasi) si concentrano sul Medio Oriente parlandone come di una polveriera (litigando in base al colore politico per l’attribuzione della paternità di quella brutta situazione all’occidente sfruttatore o ai regimi autoctoni) ho sempre più la sensazione che sia l’Europa la vera polveriera.
Anche se in questi giorni abbiamo dimenticato di consultare il dizionario (e si vede da come abbiamo usato le parole) dovremmo sapere che il terrorismo (per quanto spaventoso sia) è tendenzialmente un fenomeno relativo a gruppi ristretti (a volte addirittura individuale), mentre la guerra, ad esempio, è un fenomeno collettivo, in senso ampio.
Ecco, collettivo è una parola preoccupante.
In questo periodo, qui da noi, c’è probabilmente un solo rilevante fenomeno collettivo: la disoccupazione. Che però è talmente potente da aver steso una cappa di malessere, infelicità e insofferenza che si può quasi tagliare col coltello da quanto è consistente. E occhio, non serve neanche essere disoccupati per soffrirne i sintomi, basta avere un familiare, un amico, un conoscente o un vicino disoccupati, per entrare nel circolo dell’empatia.
Perché la cosa è interessante? Perché storicamente l’Europa ha un “problemino” con la gestione della disoccupazione diffusa e soprattutto con la gestione del malessere che ne deriva : l’ultima volta è finita così (e quanto abbia inciso la disoccupazione ormai è evidente).
Le reazioni ai terribili avvenimenti francesi danno la sensazione che, malgrado sia meglio essere affluenti del fiume di antidoto che di quello di veleno, sia da un lato che dall’altro ci sia ben poco oltre alla spinta emozionale. Risultato? Toni esasperati e posizionamenti finali addirittura più radicali di quelli di partenza. Un peggioramento insomma.
Una situazione sconfortante che ci impedisce di concentrarci sulle cause vere del malessere e che invece paradossalmente ci spinge ad amplificarne i sintomi, continuando a parlare di ignoranza o di semplice inciviltà magari ingenuamente convinti che, nel breve periodo, ci siano realmente chissà quali margini di manovra rispettivamente a quei temi.
Per quanto la crisi economica continuerà a colpire, la disoccupazione aumenterà e la situazione non potrà che rivelarsi sempre più tesa. E questo è un problema, perché come ci insegna la nostra storia, molta gente in queste condizioni finisce per scegliere in modo avventato e per schierarsi in modo stupido, specialmente se aizzata.
Stiamo creando una specie di paradiso degli arruffapopolo.
Il terrore purtroppo si accende facilmente ma non altrettanto facilmente si spegne, specialmente in uno scenario particolarmente predisposto ad accoglierlo.
Non so, forse è il caso di iniziare a preoccuparsi sul serio.
O di accantonare momentaneamente tutto il superfluo per parlare di come si possa alleviare il nostro malessere.
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