Ho vissuto l’alluvione e ho vissuto l’incendio, è da ieri che ci penso… E’ da ieri che non riesco a decidere quale dei due eventi sia più tragico. Ed è da ieri che provo a tributare invano il primato della drammaticità.
Ero un’adolescente allora e la casa dei miei genitori era, e lo è ancora, adagiata sulle pendici di una collina di rigogliosa macchia mediterranea, punteggiata qua e là da isolate abitazioni sparpagliate senza un ordine preciso. Sull’altro versante del pendio, a valle, il tribunale o gli uffici giudiziari, non so bene quale sia la giusta denominazione, ma già ci siamo capiti. Qualcuno, si raccontava in seguito, aveva deciso di appiccare il fuoco per rimandare un processo che si sarebbe dovuto tenere quella mattina. Ma ancora non so se questa notizia fosse frutto della fantasia degli abitanti di un paese o se avesse un qualche barlume di veridicità. Affacciata alla finestra scuotevo il tappeto della mia camera quando, all’improvviso, un vago odore di bruciato.
– Mammaaaa, stai cucinando? C’è qualcosa che brucia sul fornello? – – No, non c’è niente sul fuoco. – C’era invece un vento che strappava i capelli dalla testa, quello sì lo ricordo come mi soffiasse ancora addosso.
Il resto sono dei flashback confusi: la vegetazione della collina improvvisamente avvolta da lingue di fuoco; le urla dei vicini: – Spostate le macchine dal giardino, presto presto, fate in fretta – le tapparelle abbassate con urgenza; gli asciugamani bagnati arrotolati e messi nella parte interna del davanzale; la casa invasa dal fumo e la porta d’ingresso trovata a tentoni, con una pezzuola umida sul naso; l’ulivo del giardino farsi fiammifero gigantesco; la voce di mamma vicina vicina, senza riuscire a scorgere la sua figura in mezzo al fumo; le sirene dei Vigili del Fuoco in lontananza; cenere ovunque.
E poi sedersi sulla pietra di un’aiuola, con la fuliggine che volteggiava in grandi fiocchi sotto quel maledetto cielo incandescente, e guardarsi intorno senza pensare a nulla. Perché il fuoco, quando lo fronteggi, brucia anche i pensieri.
Ricordo che avevo in mano il pacchetto di sigarette, lo giravo e rigiravo tra le dita. Senza avere il coraggio né la voglia di accenderne una.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
Il viale dell’Asinara. (di Giampaolo Cassitta)
Don Puglisi e la mafia. (di Giampaolo Cassitta)
Temo le balle più dei cannoni (di Cosimo Filigheddu)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
Ha vinto la musica (di Giampaolo Cassitta)
Sanremo non esiste (di Francesco Giorgioni)
Elisa o il duo Mamhood &Blanco? (di Giampaolo Cassitta)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Morto per un infarto Gianni Olandi, storico corrispondente da Alghero della Nuova Sardegna (di Gibi Puggioni)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 17.713 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design