Seppur piuttosto “originale” il Parlamento attuale non approverebbe mai (almeno spero) un decreto legge che rende obbligatorio il matrimonio come condizione per l’avanzamento di carriera nelle amministrazioni dello Stato.Accadde il 25 febbraio 1939, nell’anno XVII dell’era fascista. Ho provato a rintracciare la presentazione al disegno di legge ma, ahimè, non ci sono riuscito e quindi mi sono fatto persuaso che l’idea, il concetto, l’assunto giuridico che trasportò il legislatore ad emanare il regio decreto era legato al vecchio adagio tutto molto italiano di “tengo famiglia” e che il coniugato, soprattutto con prole, deve poter fare carriera rispetto ai senza famiglia ed egoisti che non si sposano e non prolificano per la patria. Però – e c’è sempre un però – a guardare gli usi e le consuetudini che ancora sussistono nella Pubblica Amministrazione di strada ne abbiamo fatta ma non tantissima. La meritocrazia (sembra quasi una parolaccia) è sempre molto poco utilizzata e nell’avanzamento di carriera – laddove non sono previsti i concorsi – l’anzianità è ancora ben posizionata e a parità di punteggio la funzione superiore è d’appannaggio del più anziano (Il povero e compianto Giovanni Falcone ne sa qualcosa quando nel 1988 il CSM scelse Antonino Meli alla successione di Antonino Caponnetto solo per una questione di “anzianità di servizio”). Insomma, il regio decreto del 1939 non è per fortuna più in vigore ma l’italiano medio continua a “tenere famiglia” ed è ancora impossibile che un giovane brillante, preparato, con grande idee da mostrare, possa – senza concorso – fare carriera nella pubblica amministrazione. Che si sposi, si presenti con figli e con un futuro ormai da dimenticare. L’Italia non è un paese per giovani, figuriamoci se non tengono famiglia o se hanno un concetto di famiglia diverso da quello “tradizionale”.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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